Il Nobel per i vaccini a mRNA
Care ragazze e cari ragazzi il premio Nobel per la medicina e la fisiologia 2023 è stato assegnato a Katalin Karikó e Drew Weissman per la
loro ricerca sull'utilizzo di basi modificate nella molecola di RNA, lavoro indispensabile per lo sviluppo di vaccini efficaci a mRNA contro il COVID-19. È stato
stimato che nel biennio della pandemia i vaccini abbiano salvato più di 20 milioni di vite. All'inizio del 2020 nessuno avrebbe scommesso sulla possibilità
di avere un vaccino efficace contro il virus SARS-CoV-2 entro la fine dell'anno. È stata un'impresa scientifica senza precedenti che ha dimostrato, ancora una volta,
come la collaborazione scientifica su larga scala, guidata da un fine comune, conduce velocemente ai risultati desiderati.
È un'impresa che dovrebbe insegnare al mondo della ricerca scientifica a evitare logiche di mercato e sterile competizione, ma questa è un'altra storia.
Vediamo qual è stato il contributo scientifico di Karikó e Weissman in questa impresa che è valsa loro il premio Nobel.
Immagine ripresa da The Nobel Prize in Physiology or Medicine 2023. |
L'idea di poter utilizzare l'RNA messaggero (mRNA) per sviluppare vaccini o somministrare cure proteiche in vivo risale a circa 30 anni fa. Tuttavia, i primi esperimenti
evidenziarono due problemi: 1) la somministrazione di molecole di mRNA in vivo provocava reazioni infiammatorie indesiderate e 2) la produzione della proteina codificata
dall'mRNA era scarsa. Sapete che l'mRNA è un polinucleotide formato da quattro basi azotate, l'adeninna, l'uracile, la citosina e la guanina. È una molecola instabile
che porta l'informazione contenuta nel DNA, in una determinata sequenza genica, dal nucleo al citoplasma, permettendo così la sintesi di una specifica proteina. Prima
della pandemia di COVID-19, nessun vaccino a mRNA era mai stato approvato per l'utilizzo sull'uomo. Nel giro di due anni tutto è cambiato.
Prima dell'avvento della biologia molecolare, i vaccini si basavano su virioni attenuati e/o inattivati. Dal momento in cui è stato possibile produrre proteine
ricombinanti, singoli antigeni proteici sono stati utilizzati per la produzione di anticorpi in vivo. Il vaccino contro l'epatite B (HBV) e quello contro il
papilloma virus (HPV), approvati per l'uso farmacologico sull'uomo, rispettivamente nel 1986 e nel 2006,
sono di questo tipo. Entrambi contengono singole proteine del rispettivo virus e forniscono una
protezione sicura ed efficace contro il cancro indotto da entrambi i patogeni. Alcuni vaccini sono stati sviluppati utilizzando virus innocui come vettori di proteine antigeniche
appartenenti ad altri virus. È questo il caso del vaccino contro il virus Ebola, approvato nel 2019.
L'utilizzo di un acido nucleico, DNA o RNA, per produrre vaccini ha sempre attratto gli scienziati per due ragioni essenziali: 1) sono vaccini più facili da produrre
rispetto a
quelli descritti precedentemente e 2) sono molto facili da modificare permettendo un rapido adattamento all'evoluzione del virus e all'insorgere, quindi, di nuove varianti.
I primi tentativi con il DNA codificante per l'antigene da utilizzare per la vaccinazione misero in luce un rischio importante. La molecola di DNA estraneo avrebbe potuto superare
la barriera della membrana nucleare e integrarsi nel genoma della cellula con il rischio conseguente di mutazioni dannose. La molecola di mRNA, invece, una volta entrata nel
citoplasma avrebbe interagito con il ribosoma che, a sua volta,
avrebbe provveduto alla traduzione del messaggio e alla sintesi proteica senza il rischio di integrazione nel genoma cellulare.
Immagine ripresa da
The Nobel Prize in Physiology or Medicine 2023. Modificando le quattro basi dell'RNA (A, U, G, C), Karikó e Weissman hanno ottimizzato la procedura che ha portato allo sviluppo di vaccini a mRNA, per la prima volta usati contro il COVID-19. |
Il primo studio in cui si dimostrò la possibilità di iniettare mRNA "nudo" all'interno di un muscolo scheletrico risale al 1990. Dopo due decenni,
fu autorizzata la prima sperimentazione per un vaccino a mRNA sull'uomo. Ci furono progressi anche nel vettore dell'mRNA, i liposomi cationici,
sferette lipidiche con cariche positive
al fine di interagire con le cariche negative dell'mRNA, si dimostrarono efficienti trasportatori dell'acido nucleico all'interno delle cellule.
È nel 1992 che anche Katalin Karikó cominciò i suoi esperimenti con l'mRNA con l'ambizione di ottimizzare l'espressione di proteine in vivo per fini
terapeutici e alla fine di quel decennio iniziò a collaborare con Drew Weissman. In quel periodo erano entrambi all'Università della Pennsylvania.
Lei era ormai un'esperta di biologia dell'mRNA e lui del sistema immunitario umano. Così misero a punto un protocollo per far esprimere l'mRNA nelle cellule
dendritiche, globuli bianchi specializzati nella presentazione dell'antigene, al fine di sfruttare questa loro peculiare funzione. Tuttavia, l'introduzione dell'mRNA nelle
cellule dendritiche scatenava comunque una risposta immunitaria rilevante. Nel 2005 trovarono la soluzione. Sapevano che in alcune cellule di mammifero le quattro basi dell'mRNA, a
volte, sono modificate chimicamente. Hanno, cioè, gruppi chimici come il metile (-CH3), che normalmente non si trova nella molecola dei nucleotidi.
Dimostrarono che se nella sequenza dell'mRNA venivano
introdotte basi modificate (per esempio la metiladenosina al posto dell'adenosina, con un gruppo -CH3, per formare così un'adenina modificata)
la risposta infiammatoria veniva completamente soppressa. Introdussero quindi diverse basi modificate nei nucleotidi dell'mRNA da esprimere e osservarono
che ne beneficiava anche la stabilità della molecola stessa. Alcune ditte biotecnologiche si interessarono a questa nuova possibilità
terapeutica, tra queste BioNTech e Moderna, che hanno poi avuto un ruolo importante nello sviluppo dei vaccini contro il COVID-19. Nel 2017, Moderna annunciò
il primo test clinico per l'utilizzo di un vaccino basato sull'mRNA contro il virus Zika. Nel 2020, Moderna, BioNTech e Pfizer hanno sviluppato i vaccini contro il virus SARS-CoV-2
usando le scoperte di Karikó e Weissman. L'efficacia del primo vaccino era del 95%, i richiami vaccinali hanno evidenziato inoltre una protezione efficace contro
la variante Omicron ed è stato facile aggiornare il vaccino contro tutte le varianti che si sono evolute successivamente.
La tecnologia dei vaccini a mRNA si è dimostrata molto promettente anche per altre applicazioni, per esempio
vaccini a mRNA contro alcune forme di cancro sono in sperimentazione.
Tutto questo è stato possibile grazie
all'intuizione di Karikó e Weissman di utilizzare basi modificate e alla loro ampia conoscenza della risposta immunitaria umana. È una
profonda conoscenza scientifica di base che apre le porte alle scoperte più importanti e dalle molteplici applicazioni.
Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it) - Pubblicato il primo gennaio 2024