Il fascino del vuoto cosmico

Care ragazze e cari ragazzi, nel 2022 Bonny Yue Wang, studentessa di informatica, e Alice Pisani, astrofisica computazionale, hanno usato l'intelligenza artificiale per visualizzare in realtà aumentata i vuoti cosmici. Cosa sono? Si tratta delle zone più grandi e meno dense dell'Universo. Sono, cioè, zone in cui non c'è nulla. È dagli anni ottanta del secolo scorso che si sa che esistono questi vuoti cosmici, ma, proprio perché non c'è nulla, non è stato facile studiarli. Adesso, invece, è stato possibile mappare le zone di vuoto nel nostro Universo e molti astrofisici pensano che lo studio di queste immense aree vuote porterà contributi importanti anche alla ricerca su materia e energia oscure (leggi anche Materia oscura o gravità modificata?) e neutrini (leggi anche Neutrini come Speedy Gonzales!!!).
Il fondo cosmico a microonde, la radiazione elettromagnetica, spesso denominata l'eco del Big Bang, emessa 380000 anni dopo il Big Bang, è distribuita omogeneamente nell'Universo. Questo riflette la distribuzione omogenea della materia al momento della sua formazione. Tuttavia, nel 1981, Robert Kirshner e i suoi colleghi della Harvard University scoprirono un vuoto che si estendeva per 400 milioni di anni luce nella direzione della costellazione di Boote. L'Universo non era affatto omogeneo.

Immagine ripresa da How Analyzing Cosmic Nothing Might Explain Everything
Credit: Chris Wren and Kenn Brown/mondoworks

Iniziarono così i primi studi sulla distribuzione delle galassie. L'Universo appare come "filamentoso", ci sono regioni con un'elevata densità galattica e altre in cui la densità è particolarmente bassa. Ammassi e superammassi di galassie sono collegati da "filamenti" anch'essi costituiti da galassie. Tra questi ammassi e filamenti ecco, però, comparire enormi vuoti, quasi circolari nelle mappe bidimensionali. Seguendo una famosa analogia spesso utilizzata, mentre la radiazione cosmica di fondo descrive il nostro Universo come un "formaggio cremoso" omogeneo, quello che si osserva è, invece, un Universo simile a un "formaggio con buchi". Come si è passati dall'omogeneità alla disomogeneità? Quando Vera Rubin e Fritz Zwicky introdussero l'ipotesi della materia oscura, una materia non ordinaria (non costituita dalle particelle subatomiche che conosciamo) e tale da non emettere radiazione elettromagnetica e interagire con la materia ordinaria solo gravitazionalmente, sembrò plausibile che questa potesse spiegare anche la disomogeneità dell'Universo e la distribuzione dei vuoti cosmici. Le difficoltà nello studiare i vuoti cosmici all'inizio erano molte e scoraggiarono i più. Per esempio, studierete in futuro cosa si intende per Gravitational redshift (spostamento gravitazionale verso il rosso), comunque detto molto semplicemente, le radiazioni elettromagnetiche che utilizziamo per studiare il nostro Universo sono, diciamo così, distorte e questo effetto rende ancora più difficile studiare la distribuzione, le dimensioni, la posizione relativa delle galassie e anche dei vuoti cosmici. Così non solo non c'era nulla da studiare dentro i vuoti ma anche le loro posizioni erano incerte.
Studiare i vuoti cosmici fino al 2010 era un'impresa da folli. Nel 2010, tuttavia, è arrivato il progetto Sloan Digital Sky Survey che ha prodotto una mappa dei vuoti cosmici (quella che vedete nella figura sottostante) e ha confermato che queste zone di nulla si trovano ovunque si guardi nel nostro Universo.

Immagine ripresa da How Analyzing Cosmic Nothing Might Explain Everything
Credit: Martin Krzywinski

Oggi si conoscono più di 6000 vuoti cosmici e sembra che quelli di maggiori dimensioni si stiano espandendo più velocemente rispetto al resto dell'Universo. Alcuni astrofisici ipotizzano che questo sia un effetto dell'energia oscura, una specie di gravità negativa che guida l'espansione dell'Universo, contrapponendosi alla forza di attrazione gravitazionale tra gli ammassi di galassie. In queste immense aree di nulla potrebbero verificarsi fenomeni legati alla materia e all'energia oscura non visibili in altre zone dell'Universo. Insomma, se la materia oscura dovesse emettere qualche tipo di segnale, sarebbero i vuoti cosmici le zone ideali per rilevarli, dicono alcuni. Ci sono poi i neutrini, particelle molto leggere, senza carica elettrica e per questo molto difficili da studiare perché non interagiscono con la materia ordinaria. La loro massa è così piccola che ancora non si è riusciti a misurarla. Ebbene, secondo alcuni scienzati, i vuoti cosmici sarebbero ideali anche per studiare le proprietà di queste elusive particelle.
La missione Euclid dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e il Nancy Grace Roman Space Telescope della National Aeronautics and Space Administration (NASA) dovrebbero aumentare le conoscenze sui vuoti cosmici, permettendo una mappatura più dettagliata e fornendo probabilmente osservazioni rivoluzionarie, in questo "nulla" così promettente per decifrare la struttura del nostro Universo.
Nel maggio del 2022 il telescopio orbitante Hubble ha identificato una galassia nana nel cosiddetto "Vuoto Locale" (Hubble Sees Stellar Glitter in a Cosmic Void). La nostra galassia ha un diametro stimato di circa 150000 anni luce, il "Vuoto Locale" si estende per 150 milioni di anni luce. Se il nostro sistema solare fosse localizzato in quella galassia nana al suo interno, il nostro cielo notturno probabilmente sarebbe senza "puntini luminosi" e forse penseremmo davvero di esseri soli nell'Universo.

Referenze

Michael D.Lemonick (2024) Il nulla cosmico. Le Scienze, 667: 26-33.

Michael D.Lemonick (2024) How Analyzing Cosmic Nothing Might Explain Everything. Scientific American Magazine, 330: 20

Bonny Y. Wang et al. (2023) Machine-learning Cosmology from Void Properties. The Astrophysical Journal, 995: 131

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it) - Pubblicato il 29 marzo 2024