Dall'intelligenza artificiale alle emozioni
Care ragazze e cari ragazzi è tempo di parlare di intelligenza artificiale. È l'argomento del momento, tutti ne parlano e la politica ha
iniziato a legiferare per regolamentare il settore. In questo approfondimento vogliamo 1) capire cos'è l'intelligenza artificiale e 2) quali sono le sue applicazioni, 3)
farci un'idea di come potrà influire sulla nostra vita, 4) riflettere sulle emozioni e la coscienza. Siamo ambiziosi!
Iniziamo citando alcune importanti tappe storiche, che potrete approfondire da soli. Iniziamo con Ada Byron Lovelace, fu proprio una donna la prima programmatrice e fu anche
la prima a chiedersi se le macchine potessero "pensare" o "essere creative". Vi consiglio questo libricino:
Ada Byron Lovelace and the Thinking Machine che abbiamo usato qualche anno fa per un progetto in prima
Ada and her idea of an algorithm.
Nel 1920, lo scrittore ceco Karel Čapek introduce il termine "Robot" per indicare operai artificiali nel dramma "I robot universali di Rossum". In un racconto pubblicato
nella raccolta "Io, Robot", uscita nel 1950, Isaac Asimov descrive le
leggi della robotica volte a regolare una convivenza pacifica tra uomini e robot. Il matematico Walter Harry Pitts e il neurofisiologo Warren Sturgis McCulloch
propongono nel 1943 il concetto di rete neurale. Il neurone di McCulloch-Pitts diventa così un modello matematico per simulare in una macchina il funzionamento
dei neuroni nel cervello umano. Una curiosità: Pitts per sfuggire ai bulli che lo perseguitavano si rifugiava spesso in biblioteca ed è così che si appassionò
alla matematica.
Nel 1948 il matematico Norbert Wiener pubblica il libro "La cibernetica" in cui descrive come riprodurre il comportamento degli esseri
viventi. Il grande matematico Alan Turing propone nel 1950 il famoso
test di Turing
per capire se una macchina ha un comportamento intelligente oppure no, ovvero per distinguere tra macchina e uomo.
Il test CAPTCHA (Completely Automated Public Turing test to tell Computers and Humans Apart) è
una variante del test di Turing che usiamo
spesso tutti noi quando dobbiamo dimostrare di essere "umani" e non un "bot", abbreviazione di robot, cioè un programma automatico. John McCarty, Marvin Lee Minsky,
Claude Elwood Shannon e Nathaniel Rochester nel 1955 parlano per la prima volta di intelligenza artificiale introducendo il primo programma di ragionamento
automatico. Nel 1957 lo psicologo Frank Rosenblatt, un pioniere delle rete neurali artificiali, presenta il percettrone, il primo dispositivo elettronico che
mostrò capacità di apprendimento. Nel 1959 l'ingegnere elettronico Arthur Samuel per la prima volta parla di machine learning, la "branca dell'informatica che
permette a una macchina di imparare a eseguire un compito senza essere esplicitamente programmata per farlo". Nel 1965 viene introdotto il primo sistema esperto, Dendral,
un programma scritto dall'informatico Edward Albert Feigenbaum, capace di imitare il ragionamento umano. Serve per identificare molecole organiche sconosciute. Iniziano test e
arrivano critiche sull'apprendimento delle macchine. Nel 1969 Marvin Lee Minsky e Seymour Papert, il matematico e pedagogista che contribuì allo sviluppo del
Logo, evidenziano alcune criticità
del percettrone nel risolvere semplici problemi logici. Nel 1974, David Rumelhart, Geoffrey Everest Hinton e Ronald J. Williams
introducono un algoritmo noto come retropropagazione dell'errore utilizzato con il multi-layer perceptron, un percettrone a più livelli che permetterà
lo sviluppo del deep learning. L'"apprendimento profondo", basato su molti strati di neuroni, e la disponibilità di enormi quantità di dati (big data)
per il processo di apprendimento aprono la strada alla rivoluzione dell'intelligenza artificiale. Nel 1997, il supercomputer dell'IBM Deep Blue batte il campione mondiale di
scacchi, Garry Kasparov. Dal 2015, la rete neurale profonda di Google DeepMind,
AlphaGo, ha sempre vinto contro i campioni umani del millenario gioco del go. AlphaGo apprende per rinforzo, riceve dei premi se fa l'azione corretta e delle
punizioni se sbaglia. Ora gioca solo contro se stessa.
Immagine ripresa da Machine learning as subfield of AI. |
Le tappe storiche ci hanno permesso di capire cosa si intenda per intelligenza artificiale. L'aspetto che caratterizza l'intelligenza artificiale è dunque
quello dell'autoapprendimento. Parliamo ora
delle applicazioni. Abbiamo tutti familiarità con gli assistenti vocali di Apple, Siri, e di Amazon, Alexa. Da poco più di un anno tutti parlano di
ChatGPT. Questi sono tutti sistemi informatici basati sull'intelligenza artificiale. L'elaborazione del linguaggio naturale (per esempio le traduzioni automatiche),
i videogiochi e l'intrattenimento (per esempio i software per l'elaborazione di immagini), i veicoli autonomi (tra questi anche i droni), il riconoscimento facciale,
la robotica (sia industriale che domestica), l'analisi dei dati, i sistemi pubblicitari basati sull'analisi comportamentale, sono solo alcuni degli ambiti di
applicazione dell'intelligenza artificiale. Molte di queste applicazioni le conosciamo bene e già fanno parte della nostra vita quotidiana. Nella scienza, l'utilizzo di metodi
basati sull'intelligenza artificiale sta rivoluzionando alcuni campi di indagine. Basti pensare alla determinazione della struttura tridimensionale delle proteine. Dal 2018 il programma
AlphaFold (da Wiki:
AlphaFold) ha reso possibile l'impossibile per i biochimici. Una proteina è una sequenza di aminoacidi, come abbiamo studiato. La sequenza con cui gli aminoacidi si
susseguono nella molecola proteica è determinata dalla sequenza delle triplette nucleotidiche del gene che la codifica. Le proteine, però, assumono la loro
configurazione funzionale solo quando sono ripiegate correttamente nello spazio. La sequenza aminoacidica e l'ambiente biochimico circostante determinano la "forma" che la proteina
assumerà nello spazio. Conoscere questa struttura tridimensionale, la struttura funzionale della proteina, è di rilevanza fondamentale per ogni ricerca biochimica e
applicazione medica. Prima del 2018 ottenere una struttura tridimensionale proteica poteva portare via anni di ricerca, dal 2018 ci pensa l'intelligenza artificiale, capace di
predire la struttura 3D della molecola proteica a partire dalla sola sequenza aminoacidica con risultati accurati e in accordo con la determinazione sperimentale.
Le applicazioni dell'intelligenza artificiale in medicina sono innumerevoli. Basti pensare alla diagnostica per immagini, alla telemedicina, ai sistemi di monitoraggio delle funzioni
vitali indossabili, alla scoperta di nuovi farmaci e, tra questi, di antibiotici che possano aiutarci a contrastare la resistenza a quelli già utilizzati, sempre più
diffusa in molti batteri. Per citare un'ultima applicazione, parliamo di matematica. Recentemente è stato descritto AlphaGeometry, un sistema di intelligenza artificiale
basato sul "machine learning" capace di dimostrare teoremi geometrici, imparando da dimostrazioni e teoremi di geometria euclidea messi a "sua" disposizione.
Stephen Hawking: "AI could spell end of the human race". |
È chiaro che la rivoluzione dell'intelligenza artificiale è già iniziata. La scuola e tutte le istituzioni educative devono saper insegnare l'utilizzo
consapevole ed efficace di questa potente tecnologia. Diventerà, per esempio, una competenza chiave saper riconoscere se un testo prodotto da ChatGPT sia
accurato oppure no. È facile immaginare che le conoscenze per fare ciò dovranno essere di elevato livello. La scuola non solo dovrà curare la formazione
di base con rinnovata convinzione, ma dovrà anche garantire che le future generazioni abbiano la versatilità cognitiva necessaria a programmare un computer
in maniera, diciamo, tradizionale e capire la differenza con la programmazione di una macchina che può imparare (Generative Artificial Intelligence).
Se volete un consiglio, care ragazze e cari ragazzi, iniziate con il Python.
Arriviamo, così, alla conclusione di questo approfondimento cercando di riflettere su emozioni, coscienza e intelligenza artificiale. L'argomento è complesso e
la ricerca scientifica sulla definzione stessa di coscienza è in quotidiana evoluzione (magari qualcuno di voi diventerà esperta/o del settore). Definire cosa siano
le emozioni e la coscienza non è così semplice in biologia e lo è ancor meno se parliamo di robot. Tuttavia, per giovani che si preparano a vivere in un
mondo pervaso da un'intelligenza artificiale capace di imparare è indispensabile avere conoscenze a riguardo.
Un sistema in grado di imparare da testi scritti, rielaborare i concetti, rispondere a domande, formularne di nuove, adattarsi al proprio interlocutore è da considerarsi
consapevole di ciò che sta facendo? Nel 2023, gli esperti si sono posti questa domanda sempre più frequentemente. Non esiste una semplice definizione di
coscienza, ma esistono intere e differenti teorie su di essa.
Tutti gli esperti sono d'accordo che bisogna fare dei test per capire se un organismo o un robot siano coscienti.
Ma il test per la coscienza da effettuare su un organismo vivente sarà lo stesso a cui
sottoporre un robot? Se un'intelligenza artificiale fosse capace di guardare il mondo da un sua prospettiva "personale", non semplicemente elaborando dati di cui dispone, ma
facendo esperienze autonome e imparando da queste, allora potrebbe anche soffrire? Domande difficili.
La coscienza è difficile da studiare perché è difficile da definire.
Così, diventa ancora più difficile trasferire il concetto ai robot. È interessante sapere che alcuni scienziati hanno recentemente affermato che nel caso in
cui non sia chiaro se un sistema di intelligenza artificiale potrà acquistare coscienza di sé, sarebbe meglio non costruire tale sistema. Riflettiamo...
Coscienza e intelligenza sono due cose diverse. Esistono ormai molti sistemi di intelligenza artificiale con cui conviviamo e molti altri arriveranno con cui impareremo a convivere.
Riguardo a sistemi coscienti bisognerà essere cauti. Ascoltate le parole di Stephen Hawking e riflettete.
Intanto, visto che l'intelligenza artificiale sta imparando dalle esperienze umane messe a sua disposizione, in altre parole ci imita, cerchiamo di istruirla con il
meglio di noi stessi. Esistono già, purtroppo, situazioni in cui sistemi di intelligenza artificiale basati sulle banche dati dei social mostrano atteggiamenti
razzisti, discriminatori e diffondono disinformazione. Essere empatici con chi ci circonda, mostrare gentilezza, saper rispettare le opionioni altrui, discutere criticamente
e costruttivamente sono questi i comportamenti da promuovere e far diventare virali. Leggete la seguente definizione:
"L'intelligenza emotiva è una componente dell'intelligenza, che consiste nella capacità di percepire, valutare, comprendere, utilizzare e gestire le emozioni."
(da Intelligenza emotiva). John D. Mayer, uno
degli scienziati che per primi hanno parlato di intelligenza emotiva la definisce come la capacità di ragionare sulle emozioni e delle emozioni per migliorare il pensiero, promuovere
la crescita emotiva e intellettuale. Dovremmo allora promuovere un'intelligenza artificiale emotiva.
Possiamo concludere riflettendo sul fatto che non dobbiamo avere paura dell'intelligenza artificiale, ma della "poca intelligenza" di alcuni Homo sapiens che rappresentano un
pessimo esempio non solo per i propri simili ma anche per i robot.
Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it) - Pubblicato il 29 gennaio 2024