Il significato biologico del sonno

Care ragazze e cari ragazzi abbiamo già parlato della funzione del sonno e ci siamo concentrati sul suo ruolo, ormai ben documentato, nella fisiologia del cervello (leggi anche Il sistema glinfatico e il sonno, Perché dobbiamo dormire e Chi non dorme bene, non piglia pesci). Non ci sono dubbi relativamente al fatto che dormire sia una necessità biologica, con un ruolo specifico per il funzionamento del cervello. Gli studi scientifici a riguardo hanno dimostrato, per esempio, che dormire dopo aver studiato consolida la memoria. Labili tracce di memoria a breve termine vengono trasformate in memoria stabile a lungo termine grazie al consolidamento sinaptico che avviene durante il sonno. I neurobiologi hanno messo in relazione il consolidamento della memoria con i cosiddetti fusi del sonno (sleep spindles, in inglese). Si tratta di onde elettriche registrate in un elettroencefalogramma con frequenza e durata caratteristiche, prodotte in una particolare fase del sonno (Fusi del sonno). Sembra che questi fusi registrati nell'area frontale sinistra del cervello siano correlati con il consolidamento della memoria verbale, mentre quelli nell'area parietale siano legati alla memoria visuo-spaziale. La memoria, la "potatura sinaptica", la plasticità cerebrale, la rigenerazione delle vescicole sinaptiche sono processi cerebrali che avvengono nel sonno ed è sempre più chiaro il ruolo cruciale che esso gioca nel buon funzionamento del cervello.
Tuttavia, i biologi hanno iniziato a indagare sulla storia evolutiva del sonno e hanno scoperto nuovi interessanti aspetti. Gli studi sugli animali senza un cervello hanno, come potete immaginare, ampliato la visione di questa importante funzione biologica.

Immagine ripresa da The simplest of slumbers
I comportamenti che caratterizzano il sonno nel regno animale

Gli scienziati hanno spesso definito il sonno come una temporanea perdita di coscienza gestita dal cervello e a beneficio del cervello stesso. Esistono però animali, come le meduse, che pur non avendo un sistema nervoso paragonabile a quello dei vertebrati, evidenziano stati fisiologici che possono essere definiti come "sonno", o meglio mancanza di veglia. Ebbene, gli scienziati si sono concentrati su questi animali semplici per capire l'essenza biologica del sonno. Hanno così iniziato a dimostrare che non è solo il cervello a beneficiare del sonno ma anche molti altri organi e funzioni fisiologiche. Questo approccio potrebbe condurre anche a innovativi trattamenti per i disturbi del sonno. Non è, però, semplice.
La prima difficoltà sta infatti in come definire il sonno in animali senza cervello. L'impresa è ancora più ardua se si considerano i diversi modi di dormire che sono stati descritti nel mondo animale. Gli stessi animali con cervello dormono in maniere molto diverse.
Per esempio, le anatre dormono spesso in fila le une accanto alle altre e l'ultima della fila mantiene un occhio aperto per controllare l'eventuale avvicinarsi di predatori. Molti uccelli addormentano una metà del cervello alla volta e continuano a volare, i cavalli dormono in piedi, le mucche masticano mentre dormono, i delfini, invece, nuotano nel sonno. In tutti questi casi, tuttavia, abbiamo a che fare con un cervello che entra in una fase di attività caratteristica, rivelata da segnali elettrici ben precisi, che può essere definita come sonno. Se, invece, abbiamo a che fare con le meduse o le idre, il "sonno" deve essere associato necessariamente a situazioni fisiologiche diverse, per esempio un rallentamento di un'attività come la frequenza di movimento dei tentacoli. In alcuni di questi animali primitivi sono stati effettuati esperimenti con sostanze, come la melatonina, che influenzano il sonno nell'uomo. Alcune delle attività prima descritte, come il movimento dei tentacoli, venivano influenzate, dando supporto all'ipotesi che possano essere associate a un concetto di "sonno primitivo". Alcuni ricercatori hanno voluto indagare il sonno a livello molecolare andando a identificare quei geni che variano la loro espressione durante i cicli di veglia-sonno. Grazie a questi traccianti molecolari, l'analisi del significato biologico del sonno si è, quindi, estesa a molti gruppi di animali.

Immagine ripresa da Energetic costs and benefits of sleep
Portata evolutiva del sonno

È dunque ormai chiaro che il sonno non riguarda solo gli animali con un cervello e non è a beneficio di questo unico organo. Una recente linea di ricerca mette in luce una relazione tra bilancio energetico, metabolismo e sonno. In fondo, lo sviluppo di un meccanismo biologico generale di recupero energetico non suona male dal punto di vista evolutivo. Tuttavia, questa ipotesi non è semplice da portare avanti come sembra. È stato calcolato che nell'uomo una notte di sonno permette un risparmio energetico pari alle calorie fornite da una tazza di latte magro. Ovviamente questo calcolo bruto non dice nulla sul significato evolutivo del sonno, che, come sappiamo, nell'uomo ha un ruolo neurobiologico ben preciso. Tuttavia, ci permette di pensare al sonno come un meccanismo di risparmio energetico che precede l'evoluzione del cervello stesso e delle sue complesse esigenze.
Si è osservato che le specie con un tasso metabolico alto dormono meno di quelle con un tasso metabolico più basso. Forse, la necessità di procurarsi cibo freneticamente per soddisfare il proprio metabolismo potrebbe spiegare perché le specie con metabolismo elevato dormano meno. Gli erbivori, per esempio, dormono meno dei carnivori perché devono mangiare una notevole quantità di erba e per fare ciò il tempo di veglia deve essere lungo. Esistono, poi, esempi molto significativi tra gli uccelli. Il beccafico (Sylvia borin) è un piccolo uccello canoro migratorio. Durante le migrazioni, alcuni individui consumano più energia di altri. Nella pausa che effettuano sull'isola di Ponza, migrando dall'Africa all'Europa, gli individui più robusti dormono con la testa rivolta in avanti mantenendo una postura di "attenzione" per scorgere eventuali predatori, mentre gli individui più magri dormono con la testa infilata tra le piume, risparmiando più calore ed energia, pur essendo meno pronti alla risposta difensiva contro i predatori. Si tratta di un compromesso tra risparmio energetico e vigilanza anti-predatore. In un'altra specie (Calidris melanotos), l'attività dei maschi è frenetica nel momento dell'accoppiamento e, durante questo periodo, dormono facendo brevi "sonnellini", mentre nel momento in cui le femmine incubano le uova, i maschi dormono più a lungo. In questo caso la durata del sonno varia per ottimizzare l'efficacia riproduttiva. Poi ci sono uccelli che dormono mentre volano e recuperano con sonni di più di 13 ore quando arrivano a destinazione. Il tutto sembra alquanto banale. Tuttavia durante il sonno non si mangia, non ci si accoppia, non ci si difende dai predatori. Il sonno quindi permette un risparmio energetico, ma ha un suo costo in termini evolutivi. Gli animali, quindi, si sono adattati con una specie di compromesso evolutivo tra sonno e veglia. Tutto questo potrebbe spiegare l'enorme diversità nel modo di dormire e nella durata del sonno in tutto il regno animale.
Capire perché gli animali dormono, perché lo facciano tutti e in maniera così diversa, è, come succede spesso in biologia, una questione evolutiva. Accanto al ruolo fondamentale per il buon funzionamento del cervello, il sonno ha un ruolo nel bilancio energetico più generale, più antico e molto complesso da spiegare per ogni singola specie.

Referenze

Elizabeth Pennisi (2021) The simplest of slumbers Science, 374: 526-529

John A. Lesku and Markus H. Schmidt (2022) Energetic costs and benefits of sleep Current Biology, 32: R656-R661

Petzka et al. (2022) Sleep spindles track cortical learning patterns for memory consolidation Current Biology, 32: 2349-2356

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it) - Pubblicato il 30 giugno 2022