Il cervello umano non è sessualmente dimorfico
Care ragazze e cari ragazzi abbiamo già parlato di neurosessismo
(leggi anche
The Gendered Brain... Goal 5...). Si tratta dell'idea secondo la quale tra il cervello femminile e quello maschile esistono differenze biologiche che si traducono in differenze
funzionali. In questo approfondimento capiremo che non c'è nessuna prova a favore del neurosessismo e discuteremo del perché, invece, questa idea è così
diffusa. La scienza, in questo caso, ha le sue responsabilità.
Prima di cominciare chiariamo il significato di due termini che, se non usati correttamente, contribuiscono a generare confusione: sesso e genere. La specie Homo sapiens
è caratterizzata da dimorfismo sessuale,
come succede in molte altre specie di animali. È una specie, cioè, in cui i due sessi hanno caratteristiche fenotipiche diverse. Per questo motivo esistono differenze
anatomiche e genetiche tra i due sessi: l'apparato riproduttivo è diverso, così come è diversa la coppia di
cromosomi sessuali (XX nelle femmine e XY nei maschi). Si parla di sesso riferendosi a queste caratteristiche fenotipiche che distinguono i due sessi della
specie. Con il termine genere, invece, si fa riferimento all'appartenenza a un dato sesso non per ragioni biologiche ma sociali, culturali e psicologiche.
L'Istituto Nazionale per la Salute statunitense (NIH, National Institutes of Health) ha dichiarato che una condizione necessaria per ottenere i suoi finanziamenti è quella di
inserire sia donne che uomini nei campioni
sperimentali. Questo è molto importante, considerato
il dimorfismo sessuale della nostra specie.
Infatti, in questo modo si può tener conto della variabile "sesso" nello studio delle patologie e dell'efficacia di cure e farmaci.
Ecco, però, che in molti studi scientifici e nella loro interpretazione si è cominciato a fare confusione tra sesso e genere. In realtà, la confusione non è
recente come avevamo già visto dall'analisi fatta dalla neuroscienziata cognitiva
Gina Rippon.
Immagine ripresa da
Meet the neuroscientist shattering the myth of the gendered brain Credit: Kyle Bean/The Observer |
Prendiamo in considerazione un esempio dalla letteratura scientifica. Semplificherò molto, mantenendo però rigore scientifico. Vediamo come si studia un carattere complesso,
un carattere, cioè, il cui fenotipo (P, phenotype) è il risultato dell'effetto combinato di geni (G, genotype) e
ambiente (E, environment), P = G + E (leggi anche
La diversità genetica per piccoli inesperti curiosi). Supponiamo di voler studiare come varia l'altezza degli alberi in una data popolazione
e di voler scoprire quali sono i geni che la determinano e in che misura rispetto all'effetto ambientale. Si misura l'altezza di ogni albero nella popolazione studiata, si caratterizza il
suo DNA studiando molti geni (detti anche marcatori), si raggruppano gli individui con lo stesso allele, si fa la media dell'altezza degli alberi nei diversi gruppi e
mediante test statistici si stabilisce se le medie sono significativamente diverse oppure no. Se un gruppo risulta avere un'altezza media significativamente maggiore di un altro, allora
si può ipotizzare che quell'allele sia responsabile di una certa percentuale della variabilità dell'altezza dell'albero. Ottenuto questo risultato preliminare si progetta
un esperimento diverso disegnato appositamente per verificare se quel gene e quell'allele siano responsabili di una certa quota della variabilità dell'altezza degli alberi.
Arriviamo, quindi, all'esempio che ci interessa. La quantità di materia grigia e bianca nel cervello umano, secondo alcune pubblicazioni scientifiche, varia significativamente
tra uomini e donne. La materia grigia è formata dai corpi cellulari dei neuroni, quella bianca dagli assoni ricoperti di mielina. Tra i risultati di uno di questi
lavori è riportata una maggiore
percentuale di materia bianca in alcune regioni del cervello maschile rispetto a quello femminile. Data per buona questa differenza, si inizia a speculare sulla relazione con le
diverse capacità cognitive dei due sessi. Ci sono due riflessioni da fare: la prima è relativa alla differenza tra le percentuali e la seconda riguarda il nesso di causalità,
il rapporto di causa-effetto, che viene ipotizzato. Per il primo punto analizzeremo insieme in classe un esempio:
esempio T-test (1) e
esempio T-test (2)
Abbiamo semplificato molto, ma la conclusione è che stabilire se
due medie sono significativamente diverse non è così semplice come può sembrare. Riguardo al secondo punto, ci sarebbe molto da discutere, tuttavia
dobbiamo imparare che una correlazione statistica tra due fenomeni non significa che uno sia la causa dell'altro. Se si vuole stabilire che una data caratteristica anatomica
del cervello è responsabile di una specifica funzione cognitiva è necessario progettare e realizzare esperimenti ad hoc con gli opportuni controlli.
Immagine ripresa da
Tesi di dottorato (Manuela Casasoli) Come si studiano i caratteri complessi. Esempio: marcatori molecolari associati all'altezza degli alberi. a) M1 e M2 sono due marcatori molecolari (puoi pensare a "due geni" con due alleli "1" e "0") b) Distribuzione fenotipica dell'altezza nella popolazione di alberi sotto esame c) Media dell'altezza degli alberi con i due alleli diversi nei due geni considerati d) Distribuzione delle misure di altezza per i vari gruppi allelici Leggi anche La diversità genetica per piccoli inesperti curiosi |
Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi articoli in cui si passa in rassegna la letteratura scientifica sulle presunte differenza tra cervello femminile e maschile. Per molti di questi
studi è stata fatta anche una normalizzazione e correzione dei dati. Ecco solo alcuni dei risultati. Il cervello dei maschi è più grande di quello delle femmine in
Homo sapiens (negli adulti c'è una differenza dell'11 % circa). Questa differenza tra i due sessi, dovuta alla differenza di massa corporea,
spiega tutta un'altra serie di diversità che dipendono dalla massa
cerebrale: il rapporto materia bianca/grigia, il livello di connettività
intra e interemisferica e il volume di alcune regioni corticali e subcorticali sono maggiori nei maschi semplicemente perché la massa del cervello è maggiore. Valori
normalizzati per la massa non evidenziano nessuna differenza tra i due sessi. Tutte le differenze di connettoma, l'insieme delle reti di connessione tra i neuroni, tra i due
sessi sono del tutto paragonabili a quelle riscontrate tra popolazioni diverse non divise per sessi. Molti dei dati non sono risultati neanche riproducibili in campioni sperimentali diversi e
addirittura i risultati ottenuti sono stati opposti per i due sessi rispetto a quelli della prima ricerca. Gli studi condotti mediante fMRI (Risonanza Magnetica Funzionale) non
hanno trovato nessuna differenza riproducibile tra uomini e donne nell'elaborazione verbale, spaziale o emotiva. La conclusione di queste "meta analisi" è che le differenze
tra il cervello femminile e quello maschile sono minime, spesso caratteristiche di alcune popolazioni e non evidenziabili in altre. Questo vuol dire che il cervello umano
non è sessualmente dimorfico.
Dato l'enorme interesse intorno all'argomento, è molto importante che i ricercatori che studiano le differenze tra il cervello femminile e quello maschile siano attenti nel comunicare
i loro risultati, affinché titoli sensazionalistici non contribuiscano a diffondere falsi miti sul cervello umano. Sarebbe opportuno che venissero pubblicati anche i risultati
di indagini che non evidenziano differenze e non solo quelli in cui c'è una qualche differenza. Questo è un altro grande problema della letteratura scientifica. Così come
sono un problema i cosiddetti test post hoc o p-hacking. Si tratta dell'errata consuetudine di fare test statistici diversi una volta visti i dati con lo scopo di trovarne
uno che sia significativo. In questo modo si aumenta solo la probabilità di avere falsi positivi.
La storica della scienza Cordelia Fine ha coniato il termine neurosessismo proprio per indicare questa tendenza a legittimare la misoginia con la neuroscienza.
I neuroscienziati hanno il dovere di prevenire la diffusione di disinformazione sulle basi neuronali delle differenze di sesso e genere, impegnandosi affinché le radicate
disparità tra donne e uomini possano essere finalmente eliminate.
C'è un'ipotesi che sta emergendo da studi meno di parte. Il cervello umano sarebbe un mosaico di caratteristiche sessuali. Gli effetti del sesso biologico sulle caratteristiche
del cervello umano possono essere infatti opposti in condizioni diverse. Le condizioni ambientali in cui un cervello si sviluppa e si connette determinano ovviamente
risultati diversi in situazioni diverse, indipendentemente dal sesso biologico. Non esistono quindi due tipi di cervello, uno femminile e uno maschile, così come non esiste un
gradiente continuo di caratteristiche dal "femminile al maschile", ma un vero e proprio mosaico multidimensionale di innumerevoli attributi cerebrali, che contribuiscono a
determinare ogni cervello come un unicum. Il cervello di donne e uomini non è come le gonadi, non è dimorfico, ma è come i reni, il cuore, i polmoni, potrebbe essere
trapiantato tra donne e uomini con grande successo!
Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it) - Pubblicato il 31 dicembre 2022