The Gendered Brain... Goal 5...

Cari ragazzi è tempo di crescere senza nessuno stereotipo di genere e di contribuire tutti al raggiungimento dell'Obiettivo 5 dell'Agenda 2030: "Achieve gender equality and empower all women and girls". La neuroscienziata cognitiva Gina Rippon, con il suo ambizioso libro uscito nel 2019, ci svela come la nostra società sia ancora profondamente intrisa di neurosessimo. Un mondo pervaso da stereotipi di genere produrrà cervelli che pensano e agiscono secondo questi luoghi comuni. L'autrice spiega con una frase uno dei concetti espressi nel suo libro: "Brains reflect the lives they have lived, not just the sex of their owners". Il cervello è un organo plastico, la cui plasticità perdura molto più a lungo di quello che si pensava qualche decennio fa. La rete di connessioni nervose che si forma e si evolve durante la vita di un individuo è profondamente influenzata dalle esperienze sociali, tanto che si parla di "cervello sociale", inteso come la facoltà cognitiva che ci permette di capire gli altri, con i quali interagiamo continuamente. Dagli altri e dalla società siamo, sia nel bene che nel male, infuenzati. Lo sviluppo del cervello è condizionato dall'ambiente esterno dal momento della nascita, anzi anche da prima. Giocattoli, vestiti, libri, genitori, famiglie, insegnanti, scuole, università, ambienti di lavoro, norme sociali e, ovviamente, gli stereotipi giocano tutti un ruolo importante nello sviluppo del cervello. Ciò che pensiamo è il risultato delle complesse interazioni tra i nostri neuroni e l'ambiente in cui si sviluppano e si connettono. Se siamo educati a pensare che esista un "cervello femminile" diverso da quello "maschile", ebbene, cresceremo con questa idea e ci comporteremo come se questa fosse la verità.
Gina Rippon esamina con grande professionalità i risultati delle neuroscienze dal diciannovesimo secolo fino ai giorni nostri e conclude che non esiste "un cervello femminile" e "un cervello maschile". Si tratta semplicemente di stereotipi! Avete mai sentito dire che le "donne non sanno leggere le mappe"? Esiste uno studio scientifico serio che abbia mai dimostrato questa affermazione? No. Anche in ambito scientifico, purtroppo, alcuni hanno in qualche modo avallato idee secondo le quali il cervello delle donne sarebbe più predisposto per l'empatia e l'intuizione, mentre il cervello maschile dovrebbe essere ottimizzato per la ragione e l'azione. Niente di più falso. Ebbene è proprio dalla storia delle ricerche scientifiche condotte su questo tema e dalla loro risonanza mediatica che l'autrice di questo libro parte per sfatare tutti i falsi miti intorno al presunto cervello "femminile" e "maschile".

The Gendered Brain.
The new neuroscience that shatters the myth of the female brain

Il cervello è un organo complesso e affascinante. Per questi motivi, probabilmente, comprenderne il funzionamento è stato un obiettivo perseguito da molti, anche quando le tecnologie di studio erano primitive e i risultati ottenuti non certo accurati. Nel 1895, Gustave Le Bon, un antropologo francese, affermava "Women ... represent the most inferior forms of human evolution and ... are closer to children and savages than to an adult, civilized man". L'inferiorità della donna era l'ipotesi di partenza, le misure del cranio effettuate con il cefalometro o lo studio pseudoscientifico della morfologia del cranio, noto come frenologia, sembravano confermare l'assurdo legame tra le minori dimensioni del cervello delle donne e le presunte inferiori capacità intellettive. Nonostante gli studi di craniologia e frenologia siano stati screditati da un punto di vista scientifico, per una mancanza di significatività statistica, oltre che per inaccuratezza delle misurazioni, l'idea dell'inferiorità cognitiva della donna è, purtroppo, rimasta. È rimasta per giustificare un ruolo sociale della donna, moglie e madre, che era quello considerato "naturale". Il brutto della storia è che la caccia all'inferiorità della donna è continuata, spesso avallata da interpretazoni distorte di risultati scientifici, e ha assunto sfumature diverse. Ora alcuni affermano che le donne non sono meno intelligenti degli uomini, sono solo "diverse". Ma di quale diversità si parla? Si è confrontata la dimensione del corpo calloso, la quantità di materia bianca e di materia grigia, sempre alla ricerca disperata di trovare differenze anatomiche significative tra il cervello "femminile" e quello "maschile". Perché, non dimenticate, il punto di partenza è un assunto dato per scontato: dimostrare la differenza tra il cervello nei due sessi. E se queste differenze non esistessero? Molti risponderebbero che sono gli ormoni sessuali femminili e maschili a fare la differenza. Non è così. Non ci sono dati scientifici affidabili che dimostrino un effetto differenziale di estrogeni o testosterone sullo sviluppo del cervello. Così come non esiste nessun dato che dimostri che gli sbalzi ormonali legati alla sindrome premestruale abbiano conseguenze negative sull'umore e lo stato emozionale della donna. Luoghi comuni e condizionamenti sociali, senza nessuna base scientifica.

Gina Rippon

Si tratta degli stessi condizionamenti sociali che hanno determinato la diseguaglianza di genere, a cui si vuole rimediare perseguendo l'obiettivo 5 dell'agenda 2030 (Gender Equality). Non esistono dati che dimostrino che le studentesse abbiano risultati inferiori rispetto ai coetanei maschi in test di matematica e scienze, eppure le materie della cosiddetta area STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), sono quelle in cui la percentuale di studentesse è più bassa rispetto agli studenti maschi. Le donne non sono ugualmente rappresentate nel mondo accademico e questo non è certo dovuto alle inesistenti differenze tra cervello "femminile" e "maschile".
Gina Rippon insiste su un punto: il nostro cervello è plastico. Tra le metafore che più gli si addicono c'è quella della "spugna" che assorbe informazioni dal mondo esterno e dalle esperienze (leggi anche Synaptic pruning: sempre più importante). Se la nostra società inonda il cervello dei bambini con "giochi rosa da femmina" e "giochi blu da maschio", influenza e condiziona il loro sviluppo cognitivo alimentando stereotipi di genere. La parità di genere si raggiungerà cambiando l'educazione dei nostri bambini, iniziando dall'immagine stessa della donna. Nel 2017, un ingegnere di Google, James Damore, in un intervento pubblico chiamò in causa i "fattori biologici" per spiegare la carenza di donne in ruoli tecnologici e di comando. Nel ventunesimo secolo ci sono ancora accademici che scrivono lettere di referenze per ex-studentesse ed ex-studenti sottolineando l'enorme dedizione al lavoro per le prime e la brillantezza per i secondi. Secondo questa visione, risultati di alto livello vengono raggiunti dalle donne perché sono "cavalli da lavoro", mentre gli uomini ci riescono perché geniali. Così non va...
Riflettiamo su questo dato: da quando esiste il premio Nobel, considerando le candidature per i tre premi nell'area STEM, la fisica, la chimica e la medicina e fisiologia, su un totale di 10818 candidature solo 98 sono state quelle delle donne. Su oltre 600 premi conferiti in ambito scientifico solo 23 sono stati assegnati a donne. È semplicemente scandaloso. Gli studi effettuati non hanno messo in evidenza differenze significative tra "cervello femminile" e "cervello maschile". La variabilità che si trova tra i cervelli dei due sessi è compatibile con quella che si può misurare all'interno della normale variazione di gruppi misti di femmine e maschi, confrontando gli stessi caratteri che si studiano in campioni di sesso diverso. La variabilità è la stessa, ciò dimostra che non esiste una variazione biologica delle facoltà cognitive tra i due sessi. Usando le parole dell'autrice: "Il cervello non è più di genere del fegato, dei reni o del cuore".
Il neurosessismo non ha basi scientifiche, ma sociali. È attraverso la conoscenza e la comprensione dei dati scientifici che si può discutere di neurosessimo e contribuire al raggiungimento della parità di genere. Se volete contribuire anche voi, non comprate "principesse" rosa e "mostri" blu alle vostre figlie e ai vostri figli, ed evitate "giochi da bambina" e "giochi da bambino". Sarà un primo passo importante per contrastare le discriminazioni di genere.

Referenze

Gina Rippon (2019) The Gendered Brain. The new neuroscience that shatters the myth of the female brain. The Bodley Head. London.

Lise Eliot (2019) Neurosexism: the myth that men and women have different brains

Rachel Cooke (2019) The Gendered Brain by Gina Rippon review - demolition of a sexist myth

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it) - Pubblicato il 2 novembre 2021