Imparare dalle estinzioni di massa

Cari ragazzi il giornalista scientifico Peter Brannen ci racconta la storia delle estinzioni di massa, invitandoci a riflettere sulla nascita della geologia come scienza e sul significato più che mai attuale di questi eventi naturali. Sono cinque le grandi estinzioni di massa che hanno caratterizzato la storia della vita sul nostro pianeta. La prima, circa 450 milioni di anni fa, tra i periodi geologici noti come Ordoviciano e Siluriano, ha portato all'estinzione dell'85% delle specie allora esistenti, soprattutto organismi marini, invertebrati e pesci primitivi. L'ipotesi di glaciazioni che hanno causato l'abbassamento dei livelli dei mari è la più probabile per spiegare questa prima estinzione di massa. La seconda avvenne nel Devoniano, circa 375 milioni di anni fa. Fu un lento e prolungato processo di riduzione della biodiversità che portò alla scomparsa di circa l'82% delle specie viventi, innescata forse dall'assottigliamento dello strato di ozono, dal riscaldamento del pianeta e dalla caduta di asteroidi. La terza, tra Permiano e Triassico, 250 milioni di anni, fu la più catastrofica. Il 96% di tutte le specie marine si estinse. Vulcanismo intenso, asteoridi, aumento estremo di anidride carbonica nell'atmosfera, queste le cause della catastrofe che rischiò di cancellare la vita sulla Terra. La quarta avvenne tra il Triassico e il Giurassico, circa 200 milioni di anni fa. Fu causata da un cambiamento climatico che fece aumentare di 5 gradi la media della temperatura terrestre, portò all'estinzione di circa il 76% delle specie viventi. Infine, la quinta, la più famosa, quella dell'estinzione dei dinosauri di 65 milioni di anni fa, cancellò il 75% di tutte le specie viventi e fu la conseguenza catastrofica della caduta di un grosso meteorite.
Cerchiamo, ora, di fare qualche riflessione in più su queste grandi catastrofi.

Il bestseller di Peter Brannen

Durante la terza estinzione risalente a 250 milioni di anni, la vita sulla Terra fu distrutta dall'anidride carbonica. Quella che è l'attuale Siberia si era trasformata in un enorme vulcano di 5 milioni di chilometri quadrati. Gli oceani divennero acidi, pieni di mercurio. Tutto il resto era melma e calore. Tutto ciò durò per dieci milioni di anni! Lo studio geochimico delle rocce ha raccontato bene questa storia. Le tracce di tutte le trasformazioni che sono avvenute in questo terribile periodo sono rimaste impresse negli strati rocciosi depositati a quel tempo sui fondali oceanici e poi riemersi grazie a movimenti tettonici. Fu James Hutton, un geologo scozzese vissuto nel settecento, a capire che le rocce raccontavano bene la storia passata del nostro pianeta. Egli osservò rocce formate da due strati che si incontravano al centro, ma la cui origine era diversa, quella in basso proveniva da antichi fondali marini, quella in alto da fiumi tropicali, strati formatisi in epoche diverse. I geologi iniziarono così a leggere le rocce, abbondonando i vincoli del tempo biblico e ricostruendo, invece, i miliardi di anni della storia della Terra. Nell'800 la paleontologa britannica Mary Anning contribuì all'affermazione della geologia come scienza sperimentale grazie alla sua raccolta e osservazione scientifica e ragionata dei fossili. I fossili di organismi marini, che trovava sulla terraferma incastonati in strati di roccia con le angolazioni più strane, dovevano provenire da antichi fondali marini. Nel 1841 John Phillips, un geologo inglese, pubblicò una delle prime linee temporali geologiche basate sulla correlazione tra fossili e strati rocciosi in cui questi erano stati trovati e, per primo, si accorse che alcune volte le forme di vita trovate in una roccia antica non erano più presenti in una roccia più recente. Addirittura a volte c'era un cambiamento completo di forme di vita da uno strato all'altro, da un'epoca all'altra. Queste interruzioni nella storia della vita fecero avanzare l'ipotesi delle estinzioni di massa, ipotesi che non fu subito ben accettata, ma le prove si accumulavano numerose e chiare. Nella seconda metà dell'800 due ben noti scienziati, che conoscete, Charles Lyell e Charles Darwin, spiegarono che le forze esogene e endogene che avevano modellato la crosta terrestre nel passato erano le stesse che agivano nel presente e che i fossili raccontavano la storia dell'evoluzione biologica avvenuta nei miliardi di anni di esistenza del pianeta.
Il secolo scorso inizia con l'ipotesi della deriva dei continenti del tedesco Alfred Lothar Wegener che portò alla teoria della tettonica a placche, come sapete, dimostrata con la scoperta delle dorsali oceaniche e dell'espansione dei fondali oceanici negli anni sessanta del novecento. Sempre negli anni sessanta lo statunitense Norman Newell notò che le interruzioni nella storia della vita erano ben cinque e così evidenti nelle testimonianze raccontate dalle rocce che nessuno più negò che in passato si erano verificate estinzioni di massa.
Nel 1980 iniziò poi la storia degli Luis e Walter Alvarez, padre e figlio, che da uno strano strato di roccia contenente iridio vicino a Gubbio arrivarono a spiegare l'estinzione dei dinosauri nel cretaceo con un'avventura scientifica elettrizzante. Potete leggere questa storia nell'approfondimento Il segreto della roccia di Gubbio.

Luis e Walter Alvarez davanti alle rocce della gola del Bottaccione a Gubbio

Asteroidi e vulcani hanno giocato un ruolo prioritario nelle grandi estinzioni di massa. In questo contesto di impatti ed eruzioni, i geologi raccolgono prove sempre più convincenti che l'aumento di anidride carbonica nell'atmosfera terrestre è senza dubbio il fattore determinante di tutte le stragi. L'estinzione del Triassico, 200 milioni di anni fa, vide la rottura della Pangea come protagonista. La lava fuoriuscita dalle fratture della crosta terrestre inondò una superficie di 8 milioni di chilometri quadrati liberando nell'atmosfera migliaia di miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Gli oceani si acidificarono e la temperatura del pianeta aumentò. Acidificazione degli oceani e riscaldamento globale, concetti già sentiti, vero? Il carbonio circola nel nostro pianeta attraverso gli organismi viventi, le rocce, l'aria, l'acqua. L'equilibrio tra le componenti biotiche e abiotiche del ciclo del carbonio mantiene il clima e il pH dell'oceano adatti alla vita. Se questo equilibrio viene rotto, le conseguenze sono catastrofiche.
Dall'inizio della rivoluzione industriale l'uomo ha riportato in superficie una quantità enorme di carbonio, che era rimasto intrappolato per milioni di anni nelle foreste trasformate in idrocarburi fossili. La concentrazione di anidride carbonica nella nostra atmosfera è passata da 260 parti per milione (ppm) a 416 ppm nel giro di circa 250 anni. La concentrazione di anidride carbonica sta aumentando molto velocemente nella nostra atmosfera, più di quanto non abbia fatto durante alcune delle fasi precedenti alle estinzioni di massa. La sesta estinzione di massa sarà ricordata come quella che ha portato all'estinzione del suo stesso artefice, Homo sapiens. Chi la ricorderà? Resterà scritto nelle rocce!

Referenze

Peter Brannen (2020) Le epoche peggiori sulla Terra. Le Scienze, 627: 80-85.

Peter Brannen

Estinzioni di massa

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)