La placca di Nazca e le Ande

Cari ragazzi così come onde di varia natura provenienti dallo spazio profondo permettono agli astrofisici di ricostruire la storia del nostro Universo, ugualmente tecniche all'avanguardia di analisi degli strati interni della crosta terrestre e del mantello permettono ai geologi di ricostruire la storia del nostro pianeta. Abbiamo parlato recentemente di orogenesi e subduzione. Leggendo il libro di testo, sembra tutto così chiaro, una placca sprofonda sotto un'altra, fenomeno noto come subduzione, e in certi casi questo porta al corrugamento della crosta con la conseguente formazione di una catena montuosa, fenomeno noto come orogenesi. Tuttavia, i processi non sono ancora così chiari. Uno studio recente, per esempio, ha messo in discussione quello che si pensava dello scontro tra una placca oceanica e una continentale.
In Sud America, la placca oceanica di Nazca si insinua sotto quella continentale sudamericana causando in questa area terremoti di magnitudo molto elevata. Basti pensare che il terremoto più forte mai registrato è quello di Valdivia in Cile del 1960, di magnitudo 9,5 della scala Richter, e, più recentemente, nel 2010, un altro terremoto in Cile ha raggiunto la magnitudo di 8,8 gradi Richter.

La placca di Nazca in Sud America
Immagine ripresa da Wikimedia

Quella delle Ande è la catena montuosa continua più lunga del mondo, estendendosi per una lunghezza di circa 7000 chilometri lungo la costa occidentale del Sud America. Questa catena montuosa è stata per lungo tempo considerata come il risultato del continuo e costante fenomeno di subduzione della placca di Nazca sotto quella sudamericana. Un esempio da manuale.
A fine gennaio 2019, è stato pubblicato dalla rivista Nature un importante articolo che rivoluziona, invece, questa visione classica. Un gruppo di geologi dell'Università di Houston ha ricostruito il movimento della placca di Nazca andando ad analizzare gli strati a 1500 chilometri di profondità sotto la superficie terrestre. Qui gli scienziati hanno trovato le tracce del fenomeno di subduzione, che non si è dimostrato continuo come si pensava. Come hanno fatto "a guardare" a 1500 chilometri di profondità?
Quando le placche tettoniche si muovono sotto la crosta terrestre ed entrano nel mantello, non scompaiono. Infatti, affondano verso il nucleo, come strati che si accumulano sul fondo di un lago. Man mano che questi strati affondano, mantengono parte della loro forma, offrendo scorci di ciò che sembrava la superficie della Terra milioni di anni fa. È come se rimanesse un plastico sotterraneo di quello che era la superficie terrestre milioni di anni fa. Incredibile, vero?!
Questi residui di placche possono essere ripresi mediante tecniche tomografiche, cioè in maniera del tutto simile alla procedura medica che permette di vedere all'interno del corpo di un paziente. In questo caso, però, non si utilizzano raggi x, come nella TAC (tomografia assiale computerizzata), ma le onde sismiche, la cui analisi permettono di ricostruire le immagini tridimensionali degli strati sotto la superficie terrestre. "Siamo tornati indietro nel tempo con più precisione di quanto chiunque abbia mai fatto prima, il che ha comportato un maggior numero di dettagli rispetto a quanto ritenuto possibile in precedenza", ha affermato uno degli autori dello studio. "Siamo riusciti a tornare all'era dei dinosauri".

Slabs under South America
(Immagine ripresa dal link del sito di Nature)

Il lavoro di ricostruzione degli strati profondi ha richiesto l'analisi di più di 14000 onde sismiche mediante il software GOCAD (GOCAD: High-quality subsurface modeling). La ricostruzione dei residui sotterranei del movimento delle placche ha quindi permesso di rivedere il processo di formazione delle Ande. Questa catena montuosa non sarebbe stata originata dal movimento continuo di subduzione della placca di Nazca sotto quella continentale sudamericana, ma dall'accumulo di materiale roccioso sopra uno strato discontinuo del mantello o una zona di transizione tra due strati interni della Terra con caratteristiche fisiche diverse.
La subduzione iniziò durante il tardo Cretaceo, circa 80 milioni di anni fa nella zona oggi occupata dal Perù, 5° S di latitudine. Successivamente, il fenomeno geologico si è spostato verso sud, 40° S, raggiungendo le Ande meridionali in Cile nel Cenozoico primitivo, circa 55 milioni di anni fa. Anche tracce di attività vulcanica lungo il margine andino hanno confermato un processo di subduzione non continuo e una formazione delle Ande non dovuta ad un innalzamento continuo della crosta per scontro tra due placche. Le prime interazioni tra la lastra in subduzione e il mantello sono avvenute 10-30 milioni di anni dopo l'inizio del fenomeno propagandosi poi verso sud, in maniera non continua e portando all'accumulo di materiale sopra queste lastre.
Lo stesso approccio potrà essere usato per studiare i margini convergenti e i movimenti avvenuti milioni di anni fa, osservando le ricostruzioni tridimensionali delle lastre di litosfera che si sono scontrate.

Referenze

Yi-Wei Chen, Jonny Wu and John Suppe (2019) Southward propagation of Nazca subduction along the Andes. Nature, 565: 441-447.

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)