Il cervello e il sistema immunitario

Cari ragazzi quanti sono i sensi? Penso che la vostra risposta sia 5: olfatto, tatto, gusto, vista e udito. Ebbene ce ne sono altri due. Uno è la propriocezione, cioè il senso della posizione e del movimento. Infine, l'ultimo senso introdotto recentemente dagli scienziati è la risposta immunitaria integrata con il cervello. Si tratta di una scoperta recente che obbliga a riscrivere molti libri di biologia! Fino a pochi anni fa, infatti, si pensava che non ci fosse nessun contatto tra cervello e sistema immunitario. Ora, invece, sappiamo che il sistema immunitario rivela i microorganismi e informa il cervello su di essi, un vero organo di senso!
Il nuovo campo della neuroimmunologia è il risultato di studi recenti che hanno dimostrato definitivamente l'interazione tra cervello e sistema immunitario. Abbiamo studiato che il sistema nervoso centrale controlla e coordina tutte le funzioni del corpo. I neuroni sono le cellule che costituiscono circa la metà del cervello. Ce ne sono circa 100 miliardi e formano 100000 miliardi di connessioni. Oltre ai neuroni sono presenti anche altre cellule come quelle della glia, che nutrono e sostengono i neuroni, ma partecipano anche alla trasmissione dei segnali nervosi. Le cellule stromali sostengono neuroni e glia, mentre quelle endoteliali delimitano i vasi sanguigni formando la barriera ematoencefalica e limitando il passaggio di sostanze nel cervello. Il sistema immunitario è invece formato da barriere chimico fisiche che in maniera aspecifica impediscono agli agenti patogeni di entrare nel nostro corpo, immunità innata, e dal complesso sistema dell'immunità adattativa, che, grazie ai linfociti T e B, riconosce in maniera specifica tutti gli antigeni estranei al nostro organismo e li combatte. Il sistema immunitario adattativo funziona nel 99 per cento degli individui. Purtroppo, nell'1 per cento dei casi, l'immunità adattativa attacca cellule del proprio organismo, con il conseguente sviluppo di gravi patologie come le malattie autoimmuni, quali la sclerosi multipla, l'artrite e alcune forme di diabete.

(Jonathan Kipnis, PhD, recipient of the 2018 Pioneer in Medicine)

Il sistema immunitario interviene, però, anche quando c'è un danno ai tessuti ristabilendo l'equilibrio dopo un trauma interno o esterno. Questo aveva fatto pensare che anche nel cervello potesse intervenire il sistema immunitario in caso di traumi. Infatti, già da tempo si era osservato che alcune cellule immunitarie compaiono nel cervello in caso di infezioni o lesioni. Come riescono queste cellule ad oltrepassare la barriera ematoencefalica? Ebbene, vi ricordate delle meningi? Gli scienziati hanno scoperto che le meningi contengono vasi linfatici che eliminano sostanze di scarto e tossine dal cervello, soprattutto durante il sonno (leggi anche Il sistema glinfatico e il sonno). Tramite questi vasi, che formano il cosiddetto sistema glinfatico, si stabilisce quindi una connessione tra cervello e sistema immunitario, il quale è in questo modo "informato dello stato di salute" dell'organo di controllo del nostro corpo. Sulla base di queste nuove scoperte, i ricercatori hanno osservato che in molte cavie da laboratorio con infezioni al midollo spinale, questo era invaso da cellule immunitarie. Inoltre, malattie come l'Alzheimer e la sclerosi laterale amiotrofica si presentano in forma più grave in topi nei quali il sistema immunitario non funziona, dimostrando ulteriormente questo stretto legame tra i due sistemi. In definitiva, le cellule del sistema immunitario assistono il cervello e lo difendono dal suo interno, una grossa novità se si pensa che fino a qualche anno fa tutti erano convinti che non esistesse nessun contatto diretto tra cervello e sistema immunitario. Ma le novità non sono finite qui. L'azione del sistema immunitario nel cervello è evidente anche nelle condizioni di stress. Gli scienziati hanno dimostrato che sia nei disturbi da stress post-traumatico che durante l'apprendimento il sistema immunitario è presente nel cervello. Avete capito bene "apprendimento"! Apprendere significa fare un po' di fatica (nessuno ve l'ha detto?!) e questo causa spesso stress. I ricercatori hanno progettato un esperimento sui topi per confermare la relazione tra apprendimento e sistema immunitario. Topi senza immunità adattativa se la sono cavata peggio dei topi sani in compiti che richiedevano apprendimento, come scoprire la presenza di una piattaforma in una grossa vasca. I topi con difficoltà di apprendimento legate al mancato funzionamento del sistema immunitario avevano inoltre un atteggiamento sociale compromesso preferendo passare il tempo con oggetti inanimati anziché con un altro topo.

(The surprising link between stress and memory - Elizabeth Cox)

Solo i linfociti oltrepassano la barriera ematoencefalica? In realtà, il sistema glinfatico permette anche il passaggio di citochine, sostanze prodotte dalle cellule immunitarie funzionanti come messaggeri. In questo modo cellule immunitarie periferiche possono inviare messaggi alle cellule nervose. Infatti, alcune di queste citochine sono coinvolte in certe forme di depressione e di autismo, interagendo con i neuroni corticali. Queste osservazioni sono molto interessanti. Infatti, molte malattie neurologiche sono difficili da trattare proprio perché il cervello è un organo in cui è sempre molto complicato ogni tipo di intervento. Se, però, molte malattie neuronali sono collegate al sistema immunitario, allora è possibile agire su questo per prevenirle, trattarle e rallentarne il decorso. Sarebbe veramente una rivoluzione!
C'è un aspetto di tutto questo discorso che ci interessa molto da vicino. Il sistema immunitario interviene durante lo stress e influenza il cervello. La scuola è spesso piena di studenti stressati che in ansia per una verifica si dimenticano tutto proprio sul più bello. Lo stress, infatti, agisce sulla memoria e può giocare brutti scherzi. Sembra proprio che ansia e stress agiscano direttamente sulla memoria, ostacolando l'apprendimento. Mentre gli scienziati stanno cercando di capire a fondo questo legame, a noi insegnanti non resta che "stressare meno" i nostri studenti per farli apprendere di più. Che ne dite?

Referenze

Kipnis J. (2018) Il settimo senso. Le Scienze, 602: 38-45

Jonathan Kipnis

Vogel and Schwabe (2016) Learning and memory under stress: implications for the classroom. Science of Learning, 16011.

Learning and memory under stress: implications for the classroom

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)