CREB: la proteina dei ricordi

Cari ragazzi vi piacerebbe sapere come funziona la nostra memoria? Se sì, dovete chiederlo ad uno scienziato di nome Alcino J. Silva che è uno dei massimi esperti mondiali dei meccanismi della memoria. Nel suo laboratorio, all'Università di Los Angeles, si studia la memoria da più di vent'anni e gli scienziati sono arrivati ad avere un'idea abbastanza chiara di come il cervello memorizza le esperienze e collega i ricordi.
Circa quindici anni fa il gruppo di Silva formulò l'ipotesi dell'allocazione dei ricordi, secondo cui il cervello usa gruppi specifici di neuroni per "allocare", cioè conservare, bit di memoria. A quel tempo si sapeva dell'esistenza di un gene, noto come CREB, necessario per stabilizzare i ricordi. Il gene CREB codifica per una proteina che permette, se presente in certi particolari neuroni, di non dimenticare le esperienze. Quali sono questi neuroni? Sono i neuroni dell'amigdala, dell'ippocampo e della corteccia, ricchi di CREB. Utilizzando topi, come cavie, e tecniche di laboratorio che permettono di vedere se specifici neuroni sono "attivati" o "disattivati", gli scienziati hanno dimostrato che il ricordo viene immagazzinato in cellule con un'elevata quantità di CREB. Questi neuroni sono anche quelli in cui le sinapsi sono più forti. Quindi, molta CREB e sinapsi rafforzate sono alla base della memoria.

La proteina CREB aumenta nelle cellule coinvolte nella memoria.
(https://www.scientificamerican.com/sciam/assets/Image/saw0717Silv31_d.png)

Se la formazione della memoria dipende dalla quantità di CREB e dal rafforzamento delle sinapsi, allora è probabile che neuroni di questo tipo, in cui è stato "allocato" un ricordo, sono pronti per "allocarne" anche un altro che si fissa a breve distanza di tempo dal primo. Cioè due ricordi più vicini nel tempo si dovrebbero fissare meglio semplicemente perché i neuroni che hanno fissato il primo sono già pronti per fissare il secondo. I ricercatori hanno ideato un esperimento per verificare questa ipotesi. Alcuni topi di laboratorio vennero fatti familiarizzare con due diverse gabbie e una leggera scossa veniva loro somministrata quando passavano dalla prima alla seconda gabbia. Nella prima gabbia non c'era la scossa, mentre nella seconda sì. Il passaggio tra le due gabbie avveniva in un primo esperimento dopo un giorno e in un secondo esperimento dopo sette giorni. Nel primo caso i topi si bloccavano all'entrata della seconda gabbia, ricordandosi la scossa, mentre nel secondo caso, dopo sette giorni, il ricordo della scossa era svanito e non mostravano comportamenti particolari all'entrata nella seconda gabbia. L'ipotesi che è stata fatta è quella nota come "allocare-per-collegare", due ricordi vicini nel tempo si fissano negli stessi neuroni, fisicamente sovrapposti e questo determina un rafforzamento della memoria. Bisognava ora dimostrare che ricordi vicini nel tempo si fissano in gruppi di neuroni sovrapposti. Per fare questo era necessario vedere i ricordi nel cervello mentre si producono. Gli scienziati hanno così costruito un "miniscopio", di due, tre grammi, montato sulla testa del topo che rimaneva libero di muoversi. Il miniscopio visualizzava l'attività dei neuroni in diretta. Infatti, i topi erano stati modificati geneticamente così che i neuroni emettevano fluorescenza all'aumentare dei livelli di calcio, cioè quando il neurone si attivava. Con l'utilizzo del "miniscopio", i ricercatori sono riusciti a dimostrare che i ricordi si accoppiano quando sono archiviati in popolazioni di neuroni sovrapposte. I neuroni in cui si fissa un ricordo si riattivano quando tale ricordo è richiamato e il gruppo di neuroni attivato stimolerà il gruppo di neuroni "sovrapposto". Ricordi formati durante intervalli di tempo ravvicinati sono archiviati nella stessa parte del cervello, in popolazioni di neuroni sovrapposti. La sovrapposizione fisica di questi neuroni collega i due ricordi che verranno facilmente rievocati insieme. L'ipotesi "allocare-per-collegare" era dimostrata.

Il laboratorio del Prof. Alcino J. Silva studia i meccanismi molecolari della memoria.
(da http://www.silvalab.org)

Mettendo a confronto topi di diverse età i ricercatori hanno potuto osservare che quelli più anziani avevano neuroni con una minore quantità di CREB. Se la memoria era legata alla quantità di questa proteina, allora i topi anziani dovevano avere maggiore difficoltà a collegare i ricordi rispetto ai topi giovani. Ebbene, gli esperimenti con i topi hanno confermato questa ipotesi. Gli scienziati sono però andati oltre e hanno eseguito un esperimento molto interessante. Sono riusciti ad aumentare la quantità di CREB in alcuni neuroni di topi anziani e in questo modo sono riusciti a ristabilire il collegamento tra ricordi e l'efficacia di memorizzare eventi. Straordinario, no? Ora i ricercatori sono concentrati su un altro obiettivo molto importante: utilizzare queste conoscenze per cercare di trattare molte malattie in cui si verificano problemi di memoria, dal declino cognitivo legato all'invecchiamento, alla schizofrenia, al disturbo bipolare. Essere riusciti a vedere la formazione della memoria "in diretta" ha aperto quindi nuove strade per la comprensione del funzionamento della memoria e anche nuove vie per la cura di molte malattie.

Referenze

Alcino J. Silva (2017) La trama dei ricordi. Le Scienze, 589: 36-41.

SILVALAB (Alcino J. Silva Laboratory)

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)