Gas serra dal permafrost
Cari ragazzi questo approfondimento è dedicato a Federico Ercoli che in pochi mesi è cresciuto "decine di centimetri"
e ha cominciato a prendere
più di 8 in scienze!
Il 22 aprile 2017 è stato il giorno della Terra. Così ho pensato di proporvi un approfondimento su un interessante progetto di ricerca che
riguarda il riscaldamento del pianeta.
Il permafrost, come sapete, è il suolo che resta congelato per tutto l'anno. Esso circonda tutto il Polo Nord e contiene un'enorme
quantità di materiale organico congelato. Il riscaldamento globale sta, tuttavia, causando uno scongelamento significativo del permafrost.
Gli scienziati sono preoccupati da questo fenomeno. Perché? Se il permafrost si scongela, i microbi contenuti in questo suolo iniziano a decomporre
i resti animali e vegetali rimasti nel ghiaccio per millenni. Questo processo libera grandi quantità di anidride carbonica e metano, due
dei principali gas serra responsabili dell'aumento della temperatura sulla Terra. Si stima che la zona del permafrost contenga 1035
miliardi di tonnellate di carbonio nei primi tre metri della superficie del terreno. Cosa accadrebbe se questi tre metri si scongelassero? Gli
scienziati stanno cercando di rispondere proprio a questa domanda.
Il "Permafrost Carbon Network" coinvolge più di 300 scienziati di 88 centri di ricerca in 17 paesi diversi.
Permafrost Carbon Network |
Per stimare la velocità di scongelamento del permafrost e le conseguenze sul cambiamento climatico già in corso, gli scienziati
hanno installato delle stazioni di osservazione nelle tundre artiche,
dove periodicamente fanno carotaggi del terreno, monitorando le temperature in superficie e in
profondità. Una di queste stazioni si trova in Alaska, vicino al Denali National Park, nel sito Eight Mile Lake. Qui i ricercatori misurano anche
assorbimento e rilascio di anidride carbonica. Grazie ad un progetto internazionale, tuttavia, molti ricercatori sono attualmente coinvolti nel monitoraggio
dello scongelamento del permafrost in tutta la tundra settentrionale. Si è potuto così osservare che nel
2014 e nel 2015 c'è stato un riscaldamento record del permafrost e in alcune
zone le temperature, che solitamente variavano tra -10 e -15 °C, sono salite a -2 e 0 °C, cioè al punto di congelamento. Se
il riscaldamento portasse allo scongelamento massiccio del permafrost e il carbonio in esso contenuto si liberasse nell'atmosfera, si avrebbe senza dubbio
un'accelerazione del riscaldamento del pianeta. Il problema è capire quanto carbonio potrebbe essere liberato e con quale velocità i gas serra
aumenterebbero la loro concentrazione nell'atmosfera.
Per avere un quadro della situazione gli scienziati hanno progettato esperimenti ed analisi volti a rispondere a tre domande.
1) Quanta parte del carbonio
potrebbe essere convertita in gas serra?
2) Quanto velocemente l'azione microbica libererà questi gas?
3) Quali gas serra
verranno rilasciati?
La riserva di carbonio nelle zone del permafrost.
(https://www.scientificamerican.com/sciam/cache/file/CA9B8797-47F8-4C48-A97D6C3F316F3339_source.jpg) |
Grazie al Permafrost Carbon Network, la rete di scienziati che lavorano in sincronia su molti siti di rilevazione dati nelle tundre di tutto
l'emisfero Nord, si è capito che in condizioni aerobiche, tipiche dei suoli asciutti, i microbi rilasciano prevalentemente anidride carbonica,
mentre in condizioni anaerobiche, tipiche di terreni bassi e intrisi di acqua, viene rilasciato soprattutto metano. Analizzando i dati,
si è stimato che il rilascio di gas serra da decomposizione aerobica è doppio rispetto a quello proveniente da decomposizione anaerobica.
Lo scongelamento dei terreni elevati e asciutti delle tundre artiche, qualora continuasse a questo ritmo, avrà
un impatto importante sul clima. Quanto importante?
Le stime ci dicono che una quantità compresa tra il 5 e il 10 % del carbonio del permafrost sarà rilasciata in questo secolo nell'atmosfera come
anidride carbonica. Cioè avremo 130-160 miliardi di tonnellate di carbonio in più, una quantità simile a quella rilasciata
per deforestazione e cambiamenti d'uso del territorio in un secolo, ma minore delle emissioni associate ai combustibili fossili. Lo scongelamento
del permafrost non è un processo facile da rallentare e andrà ad influire in maniera significativa sul riscaldamento globale. Il fenomeno
non produrrà una brusca accelerazione dell'innalzamento della temperatura media,
ma sarà graduale e durerà, comunque, parecchi decenni. Cosa fare?
L'unica soluzione reale è limitare le emissioni da combustibili fossili e la deforestazione per rallentare complessivamente il
riscaldamento globale. Tuttavia, come avevamo già discusso lo scorso anno
(COP21: è un buon accordo o no?), non sembra che la politica mondiale stia lavorando per una
dismissione significativa dei combusitibili fossili. Quindi? Non ci resta che programmare l'esodo su Marte...
Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)