P = G + E e fattore g

Cari ragazzi questo approfondimento è dedicato a Silvia Ventanni perché ha conservato il riassunto sulla diversità genetica e i caratteri quantitativi di tre anni fa e, puntuale, mi ha chiesto un approfondimento sul tema! Una gran soddisfazione!
Ebbene tre anni fa avevamo parlato di diversità genetica nell'ambito del progetto "Il filo del cuore" (La diversità genetica per piccoli inesperti curiosi), vi ricordate? Ora abbiamo studiato Mendel e le sue leggi e le domande sono diventate più profonde di quelle dei ragazzi della 1aD. È interessante osservare come i quattordicenni, studiando le tre leggi dell'ereditarietà, capiscano immediatamente che Mendel non aveva certo spiegato tutta la genetica. Ora, le domande che vi ponete sono: "L'intelligenza è ereditaria?", "Due gemelli omozigoti sono uguali in ogni loro caratteristica?", insomma state diventando dei "piccoli genetisti"!
Le leggi di Mendel sono sempre valide per tutti i geni, ma il motivo per cui vi sembra, giustamente, che non spieghino tutto sta nel fatto che non tutti i geni hanno solo due alleli (multiallelismo), non tutti gli alleli sono o dominanti o recessivi (dominanza incompleta, penetranza), alcuni geni influenzano l'espressione fenotipica di geni indipendenti e completamente diversi (epistasi), un gene può controllare caratteri diversi (pleiotropia), uno stesso gene può esprimersi o no a seconda di modifiche chimiche di alcune delle sue basi (epigenetica). Insomma, il "liscio"/"rugoso" di Mendel era una situazione piuttosto semplice tale da spiegare solo quelli che appunto vengono chiamati "caratteri genetici semplici". Poi esistono i "caratteri genetici complessi" o caratteri quantitativi. In questo tipo di caratteri il fenotipo (P, phenotype) è determinato dalla somma degli effetti del genotipo (G, genotype) e dell'ambiente (E, environment), P = G + E. Cosa significa tutto questo? L'effetto più evidente è sulla variabilità genetica del carattere. Infatti, se un carattere semplice ha per esempio due o pochi fenotipi, verde o giallo, liscio o rugoso, A, B o 0 (parlando di gruppi sanguigni) e così via, un carattere complesso ha molti fenotipi diversi che derivano dalla combinazione dei tanti alleli e la distribuzione della variabilità dei fenotipi assume la caratteristica forma a campana o curva gaussiana. Ovviamente per "vedere" la forma a campana bisogna analizzare molti individui per uno specifico carattere quantitativo in modo tale da vedere un campione significativo per ognuno dei possibili fenotipi. Ma vi siete già resi conto che, anche nell'indagine che abbiamo svolto tre anni fa in classe, si poteva intravedere una certa forma a campana.

Indagine svolta nell'anno scolastico 2014-2015 nella classe 1aD.
(La diversità genetica per piccoli inesperti curiosi)

La peculiarità di tutti i caratteri complessi poligenici è che il fenotipo è determinato sia dai geni che dall'ambiente. Alcuni di questi caratteri sono più ereditabili di altri, ma c'è sempre una parte della variabilità che è spiegata dall'ambiente.
Quali sono i caratteri quantitativi? Per esempio l'intelligenza (leggi anche Intelligenza: geni e non solo...). Qui parliamo in particolare di genetica delle capacità cognitive generali, g (General Cognitive Ability). I genetisti preferiscono questi termini a quello di intelligenza. Cos'è g? È una misura delle capacità cognitive nel loro insieme, dalle abilità verbali a quelle spaziali, a quelle mnemoniche a quelle di risoluzione di problemi nuovi e complessi. Il fattore g non è misurato con i tradizionali test di QI (Intelligence Quotient). Si usano, invece, correlazioni statistiche tra le diverse performance cognitive di un individuo per studiare capacità intellettive complesse, come per esempio le capacità di ragionamento astratto. In parole semplici per misurare il fattore g di un individuo si prendono in considerazione "tutte" le sue abilità insieme e non la "matematica" o la "lettura" separatamente. Il primo importante risultato a cui sono giunti gli scienziati è che il fattore g è altamente ereditabile. Circa il 50 % della variabilità fenotipica nell'uomo è spiegata dai geni che possediamo. Gli studi sull'ereditabilità delle capacità cognitive sono iniziati negli anni venti del secolo scorso, con dei topi e dei labirinti! Infatti, dato un labirinto e dei topi furono progettati esperimenti per vedere il tempo e il modo in cui l'animale riusciva ad uscire dal labirinto. Le cavie furono così classificate in due gruppi: topi "maze-bright" e topi "maze-dull". I due gruppi furono studiati generazione dopo generazione. Questi studi dimostrarono che le capacità cognitive erano ereditarie. Ma quanto ereditarie? Sempre con topi e labirinti i genetisti dimostrarono che mentre un ambiente arricchito di stimoli produceva un significativo miglioramento nei topi maze-dull, questo non era vero per i topi maze-bright. Come a voler dire che chi eredita elevate capacità cognitive ha meno margine di miglioramento di chi parte svantaggiato! Insomma gli effetti ambientali dipendono a loro volta dal genotipo.

I caratteri determinati da più geni, caratteri quantitativi, hanno più fenotipi possibili derivanti dalla
combinazione dei diversi alleli. La distribuzione dei fenotipi assume la forma di una gaussiana.
(http://physics.scsu.edu/~dscott/gen/i/polygenic.jpg)

Oggi abbiamo risultati anche per la specie umana. Infatti gli studi sui gemelli e le famiglie con bambini adottivi, effettuati su campioni sempre più significativi hanno portato a importanti conclusioni. Il fattore g nell'uomo è un carattere determinato da molti geni, ma con forte ereditabilità complessiva, 50 %. Per capire i risultati vediamo cosa significa la correlazione. La correlazione è un indice statistico che ci dice quanto una variabile è in relazione con un'altra, ciò non comporta automaticamente un rapporto di causa-effetto, ma indica che una variabile tende a variare in funzione dell'altra. Il valore di correlazione varia da 0 a 1, dove 0 significa assenza di correlazione, mentre 1 massima correlazione. Ebbene, la correlazione tra genitori e figli adottivi è intorno a 0,24 per il fattore g, mentre è intorno a 0,7-0,8 per i gemelli omozigoti cresciuti separatamente. Studi recenti, in cui il fattore g è stato associato a varianti SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms, variazioni alleliche di singole basi) in campioni molto numerosi, hanno confermato un'ereditabilità di circa il 50 % per le capacità cognitive nell'uomo.
Se allora il 50 % delle nostre capacità cognitive dipende dai geni abbiamo ancora un 50 % che dipenderà dall'ambiente. Nonostante le cose non sono semplici così come possa sembrare, tuttavia gli studi genetici, volti a stabilire l'effetto dell'ambiente, hanno portato ad un altro importante risultato. L'ereditabilità del fattore g nell'uomo aumenta con l'età!!! Cosa significa? Il nostro DNA cambia? No...
Questo è il bello dei caratteri complessi! Uno studio su 11000 gemelli ha stimato che l'ereditabilità delle capacità cognitive è del 40 % a 9 anni, 55 % a 12 anni, 65 % a 17 anni, 80 % a 65 anni! Non è certo facile spiegare perché, ma alcuni genetisti hanno ipotizzato che mentre fino all'adolescenza le esperienze di apprendimento sono guidate da genitori e insegnanti, nell'età adulta, essendo molto più autonome, dipendono meno dall'ambiente e più dai geni posseduti. Gli individui che hanno una propensione genetica a mantenersi mentalmente attivi lo fanno anche da adulti, indipendentemente da insegnanti che li costringano a studiare e questo accentua il divario con i genotipi non propensi a farlo. Allora? Approfittate adesso dei vostri insegnanti, perché quando sarete grandi sarete soli con i vostri geni!!!

Referenze

Plomin R., DeFries J.C., KnopiK V.S., Neiderhiser J.M., (2013) Behavioral Genetics. Sixth Edition. Worth Publishers, New York.

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)