COP21: è un buon accordo o no?

Cari ragazzi nel dicembre 2015, in occasione della ventunesima conferenza delle parti sui cambiamenti climatici (COP21), è stato firmato l'accordo di Parigi, definito storico da tutti i media. I potenti hanno raggiunto un accordo che rappresenterà veramente la svolta nel controllo dei cambiamenti climatici oppure no?
La prospettiva con cui la politica e la scienza affrontano le questioni è quasi sempre radicalmente diversa. Qui vi riporto le riflessioni scientifiche su questo accordo, che, vi accorgerete, sono, purtoppo, molto meno trionfalistiche di quello che abbiamo letto sui giornali.
La questione fondamentale dal punto di vista scientifico è verificare se le decisioni prese avranno 1) un effetto significativo sulla diminuzione nella nostra atmosfera della concentrazione dei gas serra, principali responsabili del riscaldamento globale, e se, 2) supposta una diminuzione significativa di questi gas serra, il sistema Terra risponderà con una tendenza verso un'attenuazione degli eventi climatici estremi.
A Parigi, quasi tutti i paesi del mondo hanno riconosciuto che: 1) il clima sta cambiando a ritmi non usuali, 2) gli effetti dei cambiamenti climatici non sono positivi per l'uomo, 3) tra le cause principali dell'accelerazione del cambiamento climatico ci sono le attività antropiche, 4) sono necessarie misure sia per la diminuzione delle emissioni che per l'adattamento ad un livello di CO2 di 400 parti per milione (ppm). Infatti, se, nel corso delle ere geologiche, il nostro pianeta ha già sperimentato cambiamenti di questi livelli, nei 200000 anni di esistenza di Homo sapiens la concentrazione di CO2 è variata tra 170 e 280 ppm, seguendo le analisi delle bolle d'aria intrappolata nel ghiaccio. Ora, però, la nostra specie ha bruciato abbastanza combustibili fossili e alberi da spingere la CO2 a 400 ppm, livello raggiunto a marzo del 2015. A Parigi quasi all'unanimità i potenti del mondo hanno firmato un accordo in cui c'è scritto che il problema ambientale è grave e questa "nuova" coscienza ambientalista della politica è sicuramente positiva, ma bastano le belle parole scritte nell'accordo? Cioè, le decisioni prese saranno utili per arrestare il cambiamento climatico? Il primo dubbio che assale chi legge l'accordo è che per ora gli impegni presi sono limitati, di natura volontaristica e l'elusione non prevede sanzioni.

I capi di stato esultano per l'accordo raggiunto nel dicembre 2015.
(http://www.rescueglobal.org/images/flags/Cop21_agreement.jpg)

In realtà l'accordo di Parigi è il risultato di ben 24 anni di trattative. Infatti, nel 1992 a Rio de Janeiro, in Brasile, i potenti del mondo si "accorsero" che il clima stava cambiando. Fu riconosciuto che il 20% dell popolazione mondiale era responsabile dell'80% del cambiamento. I paesi di antica industrializzazione come Europa, Usa e Giappone avrebbero dovuto farsi carico delle politiche necessarie per contrastare il cambiamento climatico. Questo sanciva la convenzione quadro di Rio sui cambiamenti del clima. Nel 1997 a Kyoto, in Giappone, si decise che i paesi maggiormente responsabili del cambiamento avrebbero dovuto tagliare le emissioni del 5% rispetto ai valori di riferimento del 1990 entro il 2012. Gli Stati Uniti non sottoscrissero l'accordo, tra le motivazioni c'era il fatto che paesi come la Cina, grande economia emergente, non avrebbero dovuto rispettare gli stessi limiti. La Cina, dal canto suo, sottolineò che non avrebbe limitato le proprie emissioni fino a quando i paesi industrializzati non avessero risarcito quelli emergenti dei danni dovuti all'inquinamento pregresso. Scienza e politica, appunto, viaggiano spesso su binari paralleli...
Il protocollo di Kyoto, anche senza gli Stati Uniti, è stato applicato, ma gli effetti sono stati insignificanti! La temperatura media del pianeta è aumentata di 0,9ºC dall'era preindustriale. Dopo la firma del protocollo di Kyoto, paesi come la Cina e l'India sono diventati tra i più inquinanti al mondo, la pressione antropica sul clima è aumentata, la temperatura media e i gas serra sono aumentati, raggiungendo, appunto, le 400 ppm di CO2 nel marzo 2015.
Un risultato positivo a Parigi è stato raggiunto. Quasi tutti i paesi partecipanti, 195, compresi gli Stati Uniti, hanno firmato l'accordo che riconosce la necessità di prendere misure urgenti per contrastare il cambiamento climatico in atto. Ma...

Un grafico che fa pensare...
(http://climateparis.org/COP21)

L'accordo raggiunto mira a contenere l'aumento della temperatura della Terra previsto per il 2100 entro 1,5ºC rispetto all'epoca pre-industriale. Tutti hanno fatto salti di gioia, ma gli scienziati hanno preso in mano l'accordo e hanno concluso che non solo le decisioni prese non sono sufficienti per tenere sotto 1,5ºC l'aumento della temperatura, ma che questa, al contrario, stante gli impegni assunti e i modelli probabilistici utilizzati dagli scienziati per fare previsioni, aumenterà, superando la soglia di 2,5ºC, per assestarsi intorno ad un valore compreso tra 2,7 e 3,5ºC nel 2100. E allora?
Sono molti i climatologi che stanno lavorando per dare "consigli" ai politici. Nell'accordo sono citate alcune strategie possibili per raggiungere l'obiettivo entro il 2100: 1) diminuzione della quantità di energia derivante dal carbone e dal petrolio, 2) aumento della quota derivante dalle fonti rinnovabili, 3) aumento dei biocombustibili e 4) cattura e accumulo dell'anidride carbonica dell'atmosfera. Ma la tempistica proposta per realizzare questi punti non renderà possibile raggiungere l'obiettivo di cui abbiamo tanto sentito parlare in questi mesi. Gli scienziati dicono che è necessaria un'azione globale molto più decisa e rapida di quella prevista dall'accordo di Parigi. Limitare il riscaldamento sotto 1,5ºC entro il 2100 richiede, infatti, una riduzione globale dei gas serra del 70-95% rispetto al 2010 entro il 2050. Le emissioni dovranno essere azzerate entro il ventennio che va dal 2060 al 2080 per raggiungere l'obiettivo. L'industria e la finanza devono disinvestire dalle attività dipendenti dai combustibili fossili velocemente e in maniera netta, ma questo non è ben chiaramente programmato nell'accordo di Parigi perché sarebbe un freno inaccettabile per l'economia di molti paesi di vecchia industrializzazione, di nuova industrializzazione ed emergenti.
Quindi? I climatologi hanno cominciato a studiare gli scenari possibili per un riscaldamento di circa 3ºC entro il 2100, ebbene non vi piacerebbero...

Referenze

AA. VV. Speciale Clima. Science Magazine. La scienza in classe. Gennaio 2016.
In particolare l'articolo di Pietro Greco, L'accordo di Parigi sul clima: impegni e prospettive, pag. 4-7.

NASA: Images of change

Feasibility of limiting warming to below 1.5°C

Climate scientists focus on 1.5 degrees after Paris deal.

The Paris Agreement has solved a troubling problem.

COP 21 Paris Summit. Climate Conference-Talks.

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)