Terremoti: previsioni possibili?

Cari ragazzi vi riassumo un istruttivo articolo sui terremoti per riflettere su quanto sia complicata la loro previsione.
La crosta terrestre si spacca, si formano due masse rocciose che scivolano l'una rispetto all'altra, questa è una faglia. Le due masse rocciose accumulano energia per decenni o anche secoli e poi, in una manciata di secondi, questa viene liberata. Questo è un terremoto. Il terremoto non è altro che liberazione di energia. Per sperare di prevedere un terremoto sarà quindi necessario capire come si attivano le faglie, come accumulano energia e come questa viene dissipata.
La crosta terrestre può essere divisa in una zona fragile (brittle, 0-15 km di profondità) e una zona duttile (ductile, 15-30 km). Le due zone sono caratterizzate da effetti diversi della pressione e della temperatura, che aumentano man mano che si scende in profondità. La pressione rende le rocce più stabili, mentre la temperatura le rende più deboli. Nella zona fragile prevale l'effetto della pressione, in quella duttile, invece, è la temperatura a dominare. Nella crosta inferiore, quella duttile, le rocce si deformano e si muovono con continuità. Se rappresentiamo la deformazione in funzione del tempo (vedi il grafico nella figura sottostante) otteniamo una retta. La deformazione è lenta e inesorabile in un ambiente duttile. Nella crosta superiore fragile, invece, il movimento è episodico, il grafico della deformazione in funzione del tempo è a gradini e la faglia può rimanere bloccata per molto tempo accumulando energia e quindi rompersi in pochi secondi con movimenti consistenti delle masse di crosta terrestre, tali da creare avvallamenti e alture.

Dinamica dei terremoti nella faglia normale o diretta (sopra) e inversa (sotto).
Nel primo caso l'energia liberata è di tipo gravitazionale, nel secondo caso è di tipo elastico.
(Immagine ripresa da Doglioni et al. (2011) Role of the brittle–ductile transition on fault activation.
Physics of the Earth and Planetary Interiors, Volume 184, Issues 3–4, February 2011, Pages 160–171.)

La forza e l'energia liberate da un terremoto si misurano con la magnitudo, come sapete. I terremoti che rilasciano più energia sono quelli che si generano in faglie in cui il movimento tra le masse rocciose è più veloce e maggiore è la profondità della transizione "duttile-fragile". Infatti la zona di transizione corrisponde alla massima resistenza alla rottura e tanto è maggiore la profondità, tanto maggiore sarà anche il volume di roccia coinvolto. Quindi nelle zone di transizione serve più energia per rompere la crosta ed è qui che si generano i terremoti più energetici.
Ogni anno si verificano migliaia di terremoti. In Italia ce ne sono in media 10000 all'anno, ben 21000 nel 2013. Esiste, però, una relazione molto evidente: la frequenza dei terremoti diminuisce con l'aumentare della magnitudo. Ogni anno ci sono pochi terremoti forti e molti di bassa magnitudo. Ciò deriva dal fatto che un forte terremoto dissipa molta energia e, nello stesso anno, non c'è più energia per generarne un altro di magnitudo simile. Sembra che la crosta terrestre sia un tutt'uno, e ciò che accade in un'area influenza tutta la litosfera. All'origine dei terremoti si pensa che ci siano i movimenti convettivi della roccia fusa del mantello, ma anche gli effetti della rotazione terrestre e le forze di marea. Questi ultimi due effetti spiegano bene come la forza che provoca la sismicità possa essere distribuita simultaneamente su tutto il guscio litosferico.
Esistono, poi, diversi tipi di faglie e il comportamento delle masse rocciose durante i terremoti varia di conseguenza. Nel caso delle faglie dirette o normali (normal fault nella figura), dove una massa di crosta superiore tende a sprofondare, si parla di faglia distensiva; in questo caso, nella zona di transizione fragile-duttile si creano fratture che vengono riempite da fluidi fino a quando il blocco sovrastante, chiamato tetto, cadrà per gravità generando un terremoto. I fluidi, per effetto spugna, tenderanno a risalire. Maggiore sarà il volume di crosta che cade e maggiore sarà la magnitudo. Nel caso invece di una faglia inversa (thrust nella figura) le forze tettoniche sono di tipo compressivo e non distensivo; il terremoto si genererà in questo caso per liberazione di energia elastica, non gravitazionale, come una molla compressa che poi viene lasciata libera di espandersi. La massa rocciosa, chiamata tetto, tenderà, questa volta, a risalire.

Mappa di deformazione sismica dell'Italia per gli eventi dal 2007 al 2011.
(Immagine ripresa da Riguzzi et al. (2012) Geodetic strain rate and earthquake size: New clues for seismic hazard studies.
Physics of the Earth and Planetary Interiors 206-207 (2012) 67–75)

Il terremoto dell'Aquila del 2009 è stato di tipo distensivo, mentre quello dell'Emilia del 2012 è stato di tipo compressivo. In entrambi i casi i due eventi di magnitudo significativa, circa 6, si sono verificati in aree di bassa deformazione. Cosa significa? Nelle zone in cui si verificano terremoti è possibile misurare la cosiddetta deformazione, cioè accorciamenti o dilatazioni evidenti e misurabili di fratture provocate da eventi sismici. In Italia è stata condotta un'analisi delle deformazioni sismiche per tutti gli eventi dal 2007 al 2011. Nella cartina sopra riportata si possono vedere i risultati. La deformazione è misurata in un'unità che si chiama nanostrain (deformazione di 1 mm ogni 1000 km), le zone gialle sono quelle a bassa deformazione, quelle rosse ad alta deformazione. Ebbene sembra proprio che, nel breve termine, le zone a bassa sismicità siano quelle caratterizzate da un alto tasso di deformazione e, viceversa, quelle a bassa deformazione sono state colpite dai due terremoti recenti più forti, quello dell'Aquila e quello dell'Emilia. Questa osservazione potrebbe permettere di fare previsioni non su quando ci sarà un terremoto ma dove sarà elevata la probabilità che avvenga un terremoto di magnitudo significativa. Il tasso di deformazione delle faglie attive può essere misurato mediante la rete GPS. Nelle zone in cui si rileva un basso tasso di deformazione, la faglia è bloccata, la deformazione in superficie è bassa, ma si sta accumulando energia che verrà rilasciata in un futuro terremoto. Quindi che si fa? Si abbandonano le zone a rischio? No, si costruisce con rigidi criteri antisismici.
Le crescenti conoscenze fisiche della dinamica dei terremoti ci permetteranno, in conclusione, di essere pronti a fronteggiare eventi che restano difficili da prevedere.

Referenze

Doglioni C., Barba S., Carminati E., Riguzzi F. (2014) Una nuova idea sui terremoti. Le Scienze, 547: 76-83.

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)