CO2 in, energy out

Cari ragazzi leggendo un articolo su Le Scienze sono rimasta colpita da questa frase: "[...] tutti parlano del riscaldamento climatico ma nessuno fa nulla di serio per cambiarlo [...]". Sapete perché? Perché costa e il denaro, per chi non lo avesse capito, è ciò che determina quasi tutte le decisioni nel nostro mondo, indipendentemente dall'innalzamento della temperatura del bel pianeta Terra. Tuttavia è tempo di cambiare (leggete anche Energia: forse è caos e Come cambierà il clima sulla Terra). Ridurre le emissioni di CO2, una delle cause del riscaldamento globale, e continuare a produrre energia sono due imperativi ai quali non possiamo sottrarci. Ecco perché negli Stati Uniti alcuni ingegneri e ricercatori stanno progettando un sistema per immagazzinare CO2 nel sottosuolo ricavando contemporaneamente energia e, abbattendo così, i costi di stoccaggio della CO2.
Il progetto potrebbe realizzarsi nel Golfo del Messico. Qui la particolare conformazione geologica permetterebbe di immagazzinare enormi quantità di CO2 ad una profondità di qualche km sotto la superficie di uno strato liquido, caldo e salmastro, cioè contenente sale, detto brine. Il processo di stoccaggio sarebbe accoppiato, in un ciclo chiuso, con la produzione di una grande quantità di metano da utilizzare come combustibile e fonte di calore.
Detto così sembra un circolo vizioso, dato che il metano è anche uno dei principali responsabili dell'effetto serra, con un impatto che è 20 volte maggiore di quello della CO2. Cerchiamo di capire. Gli Stati Uniti, come il resto del pianeta, devono diminuire le emissioni di CO2. Se tali emissioni venissero catturate dai gas di scarico, che fuoriescono da una centrale a carbone, prima dell'immissione nell'atmosfera, ciò darebbe un contributo significativo alla limitazione dell'effetto serra. L'unico posto per ospitare questo enorme volume di CO2 è il sottosuolo. I calcoli dimostrano che i pori delle rocce sedimentarie dei primi strati di crosta terrestre sarebbero sufficienti per immagazzinare secoli di immissioni di CO2. Ogni anno vengono estratte circa 4 gigatonnellate di petrolio e 2 di gas naturale dalle rocce sedimentarie. Sequestrando una gigatonnellata di CO2 all'anno e immagazzinandola nei pori lasciati liberi dall'estrazione del gas naturale, le emissioni statunitensi verrebbero abbattute del 15 %. C'è un problema. La CO2 tende a risalire attraverso i pori delle rocce e quindi, prima o poi, ritornerebbe in superficie. Tuttavia, quando la CO2 si scioglie in acqua, il liquido diventa più denso e affonda. L'acqua presente nel sottosuolo contiene sale, ma potrebbe essere ottimale come solvente per la CO2 che poi affonderebbe!
Se però si lascia la CO2 sciogliersi da sola nell'acqua salmastra ci vorrebbe troppo tempo. Allora, cosa fare? Il progetto prevede di sfruttare nell'area del Golfo del Messico i pozzi di estrazione degli impianti petroliferi già presenti per portare in superficie l'acqua salmastra, pressurizzarla, iniettarvi la CO2 e rimandare nel sottosuolo la miscela. Certo il progetto costerebbe un mucchio di soldi. Ma...

Schema dell'immagazzinamento di CO2 nelle falde acquifere saline
profonde, accoppiato con l'estrazione di metano e lo sfruttamento dell'energia geotermica.
(Ripreso da Bryant (2014),
http://www.nature.com/scientificamerican/journal/v309/n5/box/scientificamerican1113-72_BX1.html)

Come tutte le aree petrolifere, la costa del Golfo del Messico ha molte falde acquifere saline profonde ricche di metano. Inoltre, lo scioglimento di CO2 in acqua salata aumenta il rilascio di metano. Molte di queste falde acquifere sono naturalmente sotto pressione e portare l'acqua in superficie non richiederebbe consumo di energia. Il calore dell'acqua sarebbe utilizzato come energia geotermica (processo 1), il metano verrebbe usato come combustibile (processo 2) e distribuito con la rete di gasdotti già presente e in più la CO2 verrebbe sequestrata nel sottosuolo (processo 3). Si è stimato che solo nel Golfo del Messico ci sarebbero da diverse decine a diverse centinaia di trilioni di metri cubi (1 trilione = mille miliardi) di metano. Il consumo di gas naturale negli Stati Uniti è di 0,6-0,7 trilioni all'anno. I tre processi effettuati in questo ciclo chiuso risulterebbero economicamente vantaggiosi. Le stime effettuate per il Golfo del Messico, parlano dello stoccaggio di circa un sesto delle emissioni di CO2 statunitensi, con però produzione di energia geotermica e gas naturale. Le conferenze mondiali sul clima hanno posto un obiettivo per il nostro pianeta: limitare la concentrazione mondiale di CO2 nell'atmosfera a 450 parti per milione, (livello massimo consentito perché la temperatura globale aumenti meno di due gradi rispetto ai livelli preindustriali). I paesi industrializzati dovrebbero ridurre le emissioni a circa il 25 % dei valori del 2000 entro il 2050. Se il progetto dell'acqua salmastra riuscisse ad essere operativo in una decina d'anni e a sequestrare il 15 % delle emissioni come previsto sarebbe un notevole passo avanti.
Quali i possibili problemi? Primo, eventuali fughe di metano, che inficierebbero tutta l'efficienza del sistema, compreso il contenimento delle emissioni di gas serra. Sembra che queste fughe potrebbero essere evitate con una progettazione all'avanguardia degli impianti di estrazione e iniezione dell'acqua salmastra. Il secondo problema è costituito dalla possibilità di provocare attività sismica. Nel caso del ciclo delle acque salmastre questo rischio è esiguo perché si tratta di un circuito chiuso; tutta l'acqua estratta viene iniettata di nuovo nel sottosuolo e la pressione originale si mantiene. Il terzo problema è l'innalzamento delle bollette della luce per gli utenti dovuto alla messa in opera di un sistema del genere. Ma qualunque progetto che miri ad un abbattimento significativo delle emissioni di CO2 avrà un costo per gli utenti. E qui ritorniamo al problema iniziale. I soldi...
Non so giudicare se questo sia un progetto rivoluzionario, ma credo che o decidiamo di limitare drasticamente il nostro consumo di energia (quindi via tutto, a partire dal computer con cui sto scrivendo...) o facciamo funzionare il nostro cervello per trovare la strada che ci porti a rispettare il limite di 450 parti per milione di CO2. Altrimenti? Nuova estinzione di massa, forse. E la Terra ricomincerebbe.

Referenze

Bryant S.L. (2014) Scacco matto all'effetto serra. Le Scienze, 547: 64-69.
L'autore dell'articolo.

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)