Vogliomi piace

Cari ragazzi questo approfondimento è dedicato a quei "tosti" della 2a C (2012-2013) di Casacastalda perché hanno ascoltato con interesse la lettura su cervello e felicità, hanno posto domande intelligenti e perché mi dispiace doverli lasciare... In particolare quello che vi racconto è stato scritto sapientemente da Martina Comodi, Melissa Dragoni, Enrico Francesco Fioriti, Ilaria Polidori e Margherita Ragnacci e poi "rielaborato" dalla Prof. GRAZIE!!!
Chi non vorrebbe conoscere il segreto della felicità? La scienza, nel tentativo di curare malattie come la depressione o la schizofrenia, ha fatto passi da gigante nell'identificazione dei circuiti cerebrali del piacere, ma la questione è di quelle spinose. Vediamo di fare il punto di ciò che si conosce.

Guardate il video e vi accorgerete che la mimica facciale non è poi così diversa tra uomini, scimpanzè e topi!!!
Che strane facce!!!
(http://commonsenseatheism.com/wp-content/uploads/2011/06/liking-expressions.png)

Che il piacere sia una sensazione centrale nella vita di tutti noi, non è una novità. Dal punto di vista evolutivo l'interesse degli animali per cibo, sesso e, in alcuni casi, comunicazione sociale è stato guidato proprio dalle sensazioni di piacere che tali interessi scatenano. Esperimenti con i topi, condotti una sessantina di anni fa, avevano portato all'identificazione dei presunti centri cerebrali del piacere. Grazie all'utilizzo di elettrodi utilizzati per stimolare diverse regioni del cervello, i ricercatori avevano identificato parti del cervello, tra cui il nucleo accumbens, che, se stimolate da corrente elettrica, sembravano generare piacere negli animali. Gli esperimenti furono riprodotti anche nell'uomo. Se i ricercatori permettevano ai soggetti sotto esame di controllare autonomamente gli "elettrodi del piacere", l'autostimolazione diventava ossessiva, fino a scatenare reazioni violente nel momento in cui la seduta sperimentale terminava. Finita la stimolazione anche il piacere terminava.
Studi più recenti hanno portato ad approfondire la questione. I ricercatori hanno utilizzato un metodo per misurare il piacere suggerito da Darwin. Egli osservò che gli animali cambiano espressione in risposta a stimoli ambientali. Prendendo in esame il cibo, una delle strade universali verso il piacere, e la mimica facciale, i ricercatori sono riusciti a trarre conclusioni importanti. Infatti mentre negli esperimenti con gli uomini si può chiedere se una data esperienza ha generato piacere, nel caso degli animali è necessario stimare il livello di gradimento in altro modo. Guardate il video Che strane facce!!! e vi convincerete che in molti mammiferi leccarsi le labbra significa che il cibo appena ingerito è ben gradito. L'analisi delle espressioni facciali, dopo aver mangiato cibi più o meno graditi, ha permesso quindi di portare avanti l'identificazione dei centri cerebrali del piacere, usando cavie da laboratorio. Vediamo quali sono le conclusioni raggiunte da questi studi.


In celeste i centri cerebrali corrispondenti a: "lo voglio", in rosso "mi piace" e in rosa i centri del piacere cosciente.
Ripreso da Kringelbach and Berridge, 2012.

Abbiamo studiato insieme che la dopamina è il neurotrasmettitore della gratificazione. I ricercatori hanno ipotizzato che se le regioni cerebrali identificate come centri del piacere, fossero state inondate di dopamina, ciò avrebbe scatenato forti sensazioni di piacere. In realtà, facendo esperimenti su topi modificati geneticamente in maniera tale da mantenere sempre elevato il livello di dopamina nel cervello, i ricercatori hanno concluso che questo neurotrasmettitore regolerebbe più la motivazione al piacere piuttosto che la sensazione del piacere in sé. Infatti queste cavie sarebbero più veloci nel correre verso il cibo a loro gradito, ma non si leccherebbero le labbra più frequentemente dei topi normali. Inoltre, topi completamente privi di dopamina, muoiono di inedia se non costretti a mangiare, ma mostrano le stesse espressioni di gradimento quando ingeriscono cibo. Questo significa che non vogliono mangiare, ma se sono costretti a farlo, ciò procura loro piacere. Osservazioni sull'uomo hanno messo in evidenza che anche la dipendenza dalle droghe è scatenata dal loro effetto sul circuito della dopamina. Il considerevole aumento di questo neurotrasmettitore, in conseguenza dell'assunzione di varie droghe, scatenerebbe nell'individuo un aumento smisurato del desiderio di assumere tali sostanze. Grazie a questi studi, i ricercatori hanno concluso che "voglio" è diverso da "mi piace" ed hanno capito che le aree del cervello deputate alla regolazione delle due sensazioni sono diverse.
Volere e gradire sono due aspetti della gratificazione e quindi della felicità. Ma i circuiti e i meccanismi cerebrali coinvolti sono numerosi e complesse sono le loro interconnessioni. Si è così scoperto che esistono degli "hotspot" del piacere. Si tratta di piccoli ammassi di neuroni, stimolati chimicamente da analoghi endogeni della morfina, come l'encefalina o della marijuana, come l'anandamide. Questi punti caldi del piacere sarebbero collegati tra loro a formare un potente circuito integrato del piacere e non agirebbero da soli. Grazie a tecniche di "neuroimaging", che permettono di "vedere l'attività del cervello in diretta", si è potuto concludere che nella parte orbitofrontale del nostro cervello, esiste un centro di traduzione delle sensazioni di gradimento in piacere cosciente. E' questa regione che, per esempio, ci porta a desiderare ciò che ci fa star bene oppure determina un calo del desiderio se ne abbiamo abbastanza. Sembra che nella dipendenza da droghe, questo centro non sia più in collegamento con gli hotspot del piacere e del desiderio e quindi si continua a ricercare in maniera maniacale anche ciò che non provoca più nessun piacere.
Gli autori di questo articolo ci ricordano alla fine una lezione del filosofo greco Aristotele, il quale divideva la felicità in due elementi: l'"edonia", cioè il piacere e l' "eudaimonia", ciò che dà un significato al piacere. E allora? Siamo animali dotati di circuiti cerebrali complessi, non ci basta provare piacere per essere felici, bisogna dargli un senso!

Referenze
Kringelbach ML e Berridge KC (2012) Il cervello e la felicità. Le Scienze 530: 82-87.

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)