Il cancro è sempre più complesso

Cari ragazzi questa volta è Arianna Guerci della classe 3a C a volerne sapere di più su una delle malattie più complesse e, purtroppo, diffuse tra gli uomini. Parlando di cancro in classe le domande sono sempre tante e infatti l'argomento è scientificamente e socialmente di grande interesse (leggete anche Il cancro: ce la faremo a sconfiggerlo?). In realtà, più la ricerca sul cancro avanza più la complessità di questa malattia sembra aumentare. Ciò che vi riassumo qui è lo stato dell'arte presentato dal giornalista scientifico George Johnson.
E' noto da decenni che il cancro si sviluppa quando in una cellula sana si accumulano mutazioni. Affinché la cellula mutata si evolva in un tumore deve, tuttavia, acquisire alcune caratteristiche:
1) deve stimolare la propria crescita, ignorando i segnali cellulari che bloccherebbero la capacità di divisione indefinita;
2) deve aggirare i meccanismi dell'apoptosi cellulare, cioè la morte cellulare programmata di cellule danneggiate, che normalmente si verifica, come sistema di protezione dell'organismo;
3) deve riuscire a diventare indipendente dall'azione dei telomeri, le estremità dei cromosomi che funzionano da contatori cellulari, limitando il numero di divisioni permesse ad una cellula;
4) deve dare il via all'angiogenesi, cioè la formazione di propri vasi sanguigni;
5) deve erodere i tessuti circostanti;
6) deve formare metastasi, cioè cellule tumorali che, diffondendosi nell'organismo, originano tumori secondari.
Da una singola cellula "ribelle", si espande un tumore che può portare alla morte dell'organismo. Ogni cellula del tumore deriva da quella progenitrice e per questo si parla di teoria clonale.

Lo schema vuole solo farvi render conto che il numero di proteine coinvolte nei processi biochimici
della trasformazione neoplastica è molto elevato e spesso i geni coinvolti variano da tumore a tumore.
(http://www.qiagen.com/geneglobe/static/images/Pathways/Colorectal%20Cancer%20Metastasis.jpg)

Si è poi capito che ogni tumore ha il suo microambiente. Ovvero, i tumori non sono masse omogenee di cellule maligne, ma al loro interno permangono cellule non neoplastiche (neoplasia = tumore) che, in un certo senso, aiutano il tumore a produrre le proteine di cui ha bisogno per espandersi. A complicare le cose si è aggiunta la scoperta che i cambiamenti genetici che portano alla trasformazione tumorale di una cellula non sono solo mutazioni, ma anche variazioni epigenetiche (leggete anche Tutti pazzi per l'epigenoma). Cioè? Oltre alle mutazioni che, come abbiamo studiato, modificano la sequenza del DNA, ci sono modifiche chimiche, come l'aggiunta di gruppi metile ad alcuni atomi delle basi azotate (metilazione), che pur non variando la sequenza delle basi, variano la loro "etichettatura" e quindi alcuni geni possono essere espressi o resi silenti in funzione della presenza o meno di questi gruppi metili. Ma allora non si tratterebbe solo di geni danneggiati. Fattori che influenzano il nostro epigenoma potrebbero quindi avere azione cancerogena, pur non provocando mutazioni. L'epigenetica e le mutazioni agirebbero, secondo molti studiosi, in sinergia nel processo di sviluppo del cancro.
Ma le complicazioni non sono finite. Alcuni ricercatori hanno proposto la teoria della cellula staminale cancerosa. Secondo questa teoria in ogni tumore ci sarebbero delle cellule speciali, che avrebbero acquistato la cosiddetta staminalità, e che guiderebbero la crescita e la diffusione del tumore. L'ipotesi è rivoluzionaria. Infatti se così fosse, solo le staminali tumorali avrebbero la capacità di replicarsi indefinitamente e produrre metastasi. Le chemioterapie, molto usate nella cura dei tumori, potrebbero non colpire queste staminali tumorali e ciò spiegherebbe il perché del loro fallimento. Se si trovasse allora il metodo di colpire selettivamente queste cellule, si potrebbe arrivare ad una strategia di cura del cancro.

Sembra che all'interno di ogni tumore ci siano cellule speciali che hanno acquisito caratteristiche simili alle staminali
e guidano il processo di evoluzione molecolare che porta allo sviluppo, alla crescita e alla diffusione del tumore stesso.
(Ripreso da: Douglas Hanahan and Robert A. Weinberg (2011) Hallmarks of cancer: the next generation. Cell, 144: 646-674)

Oltre alle mutazioni, all'epigenetica e alle cellule staminali cancerose, anche i microRNA sembrano svolgere un ruolo di primo piano nello sviluppo del cancro. E c'era da immaginarselo. Questi piccoli RNA sono molecole codificate da quello che, non molto tempo fa, veniva chiamato DNA spazzatura, e che tanto spazzatura invece non è. Veniva chiamato così perché non codifica per proteine e non si sapeva che cosa facesse. Ora invece lo sappiamo, in parte. Questi RNA regolano finemente l'espressione dei geni e quindi "accendono" e "spengono" i geni, facendoli esprimere solo dove e quando servono. Ogni alterazione di questo meccanismo di regolazione porta, ovviamente, alla rottura dell'equilibrio cellulare e può evolvere verso la malignità tumorale.
Lo sviluppo di ogni tumore è un vero e proprio processo darwiniano su piccola scala, in cui la variazione casuale e la selezione portano allo sviluppo di cellule capaci di riprodursi senza regolazione e quindi in maniera indefinita.
Nonostante la complessità dei processi molecolari alla base di un tumore sia scoraggiante, possiamo, però, pensare che più dettagli verranno raccolti su tali meccanismi più elevata sarà la possibiltà di scoprire un potenziale bersaglio per una strategia di cura. I ricercatori stanno perseguendo proprio questo obiettivo.

Referenze

George Johnson (2014) Il lungo cammino degli indizi sul cancro. Le Scienze, 546: 40-43.
The cancer chronicles, il libro di cui l'articolo di Le Scienze è una sinossi.

Manuela Casasoli (manuela_casasoli@yahoo.it)